domenica 21 giugno 2020

Accanto Al Mostro

Appunto n. 29


ACCANTO AL MOSTRO

L'Anonima Sarda e le armi sepolte dai neofascisti nel Mugello, i guardoni testimoni, il censimento di migliaia di armi, sessantamila scapoli fiorentini analizzati, la mafia internazionale, le scarpe, il deposito di eroina tra Campi e Signa, la lettera che il Mostro ha voluto firmare.
Al centro sempre lei: Silvia Della Monica.
Voglio dedicare questo appunto alla persona che ritengo aver compreso più aspetti di questa immensa vicenda.
Riporto i movimenti a noi noti del magistrato fiorentino fuori dalle indagini sul Mostro, per farsi un quadro della situazione prima dell'orrenda missiva di Scopeti.
Silvia Della Monica dopo aver torchiato sardi e guardoni/testimoni, si sposta all'antidroga.
Il 21 Gennaio del 1983 festeggia un risultato incredibile sequestrando 81 chilogrammi di eroina, nascosti dentro scatole di scarpe all'interno dei magazzini di un calzaturificio tra Campi e Signa.
L'organizzazione criminale viene completamente sgominata nei mesi successivi, mentre a Giogoli il 9 Settembre dello stesso anno vengono uccisi due giovani turisti tedeschi.
Quattro mesi dopo, Rotella fa arrestare Mele e Mucciarini ritenendoli coinvolti negli omicidi del Mostro di Firenze mentre Silvia abbandona definitivamente il caso, totalmente assorbita dalla ricostruzione del giro internazionale di eroina.
Il 18 Aprile del 1984 sui giornali si continua a parlare dei suoi successi: la sua equipe è riuscita ad arrivare fino ai vertici dell'organizzazione mafiosa, arrestando anche i sette "cervelli finanziari".
Shoes Connection, questo il nome dato dai media statunitensi all'operazione che disintegra un giro criminale che ha fatturato mille miliardi in due anni.
Da Palermo a Firenze. E da Firenze a New York. Il successo della nostra è riconosciuto a livello mondiale.
Arriviamo al 21 Luglio del 1984. Sono passati altri tre mesi, ci sono 102 imputati, 50 già in galera. Dai picciotti ai finanzieri nessuno si salva, è la parola fine a quest'indagine.
La fine della Shoes Connection vede il ritorno del Mostro, dopo una settimana esatta:
29 Luglio 1984, Vicchio, duplice omicidio Rontini-Stefanacci.
Il delitto viene firmato senza l'utilizzo del silenziatore e questo consente - grazie a dei testimoni - di risalire all'ora esatta della morte dei giovani.
Il Mostro aveva interesse a farsi sentire?
Ma da chi...
Silvia di sicuro non sembra ascoltarlo, perché sui giornali di lei si continua a parlare esclusivamente per la lotta alla droga.
Nasce la Squadra Anti Mostro, ma lei non ne farà parte.



Ad un mese dal delitto di Vicchio, un giovane ventitreenne di origini olandesi viene trovato morto dopo essersi iniettato una dose di eroina.
Su La Repubblica del 30 Agosto 1984, Della Monica rilascia la seguente dichiarazione in riferimento alla fiala di Naloxone trovata nella tasca del giovane:
"Spesso questi ragazzi credono che con il Naloxone si possono salvare ma non si rendono conto che non fanno in tempo ad iniettarsi il medicinale".
Il Mostro rimane lontano dai suoi pensieri, almeno pubblicamente.
3 Ottobre 1984: i giornali riportano la scarcerazione degli ultimi due "mostri" del "clan" sardo (virgolette obbligatorie), Giovanni Mele e Piero Mucciarini.
Centinaia di migliaia di armi analizzate, sessantamila scapoli della provincia fiorentina messi sotto la lente d'ingrandimento ma del Mostro, quello vero, non c'è traccia.
Per ritrovare sui giornali il nome di Della Monica legato alla serie di delitti ai danni delle coppiette, è necessario l'intervento diretto del Mostro che le invia il noto e macabro plico dopo il suo ultimo delitto.
6, 7 oppure 8 Settembre 1985, Scopeti: viene uccisa una coppia di turisti francesi, in Italia per partecipare ad una fiera commerciale a Bologna.
La ragazza, Nadine Mauriot, era titolare di un negozio di scarpe e voleva vedere nuovi modelli da proporre ai suoi clienti.
Scarpe.
Ancora oggi siamo a chiederci se la coppia francese sia riuscita a partecipare all'esposizione bolognese.
Esistono diciassette scatti fotografici che testimoniano la loro breve vacanza e che potrebbero aiutare a far luce su numerosi aspetti della vicenda, ma sono a tutt'oggi segretati.



Il Mostro ritaglia un piccolo lembo del seno strappato a Nadine e lo inserisce in una busta che imbuca in una cassetta postale vicina ad una abitazione di appoggio di Della Monica. Abitazione non intestata a lei.
E la spedisce mentre Silvia non è presente, presa da altri pensieri.
E' costretta a tornare.
Silvia racconterà molti anni dopo in un intervento nella trasmissione "Chi L'Ha Visto?" del 6 Luglio 2011:
"Lettera che io avevo preventivato. Quindi Piero Vigna mi interrogò a lungo per sapere a chi l'avessi detto."
Scriverà su un documento ufficiale all'attenzione del "signor Procuratore della Repubblica" il 17 settembre 1985 (la versione completa si trova sulla nuova edizione del libro "Al Di Là Di Ogni Ragionevole Dubbio" di Paolo Cochi):
"Le rappresento che mi sono occupata delle indagini fino ai primi del gennaio 1984, epoca in cui chiesi al Procuratore della Repubblica Prof. Enzo Fileno CARABBA, di essere rilevata e sostituita da altro collega in quanto sia motivi di lavoro (ero impegnata nell'istruttoria contro TOMMASO SPADARO e altri conseguente al sequestro di circa 80 chili di eroina avvenuto in Firenze e dovendo espletare rogatorie in U.S.A.) sia motivi familiari (malattia e morte di mia madre), mi impedivano di dedicarmi con sufficiente possibilità di tempo all'assistenza al Giudice Istruttore, essendo stata formalizzata l'inchiesta.
La stampa, mio malgrado, ha sempre dato grosso risalto alla mia partecipazione alle indagini e ricordo in particolare un articolo apparso sulla Nazione di Firenze, scritto da Mario SPEZI, che faceva anche riferimento a persone della mia famiglia.
(vedi Appunto n. 14)
Inoltre lo stesso SPEZI nel suo libro sul mostro di Firenze, parlando degli inquirenti, ha più volte fatto riferimento alla mia persona e a certe impostazioni istruttorie da me date.
E' noto, peraltro, che da tempo io non mi occupo più del caso, sicchè l'inoltro della lettera proprio a me non posso che interpretarlo oltre che come sfida agli inquirenti anche come minaccia.
(CUT)
Devo segnalarLe che
il nostro Ufficio, soprattutto di pomeriggio, è accessibile senza adeguati controlli a chicchessia, e che io trascorro in Procura la maggior parte della giornata, trattenendomi per ragioni di lavoro, fino a notte inoltrata e, comunque, dopo la chiusura del portone principale, con conseguente rientro ad ora tarda all'abitazione.
Ritengo opportuno sottolineare che mi sembra probabile che l'autore dell'anonimo, soprattutto in assenza di pubblicizzazione del suo gesto, possa compiere un ulteriore passo e possa mettersi in contatto con me sia telefonicamente che di persona.
Ossequi."

Il 23 Settembre, come da lei predetto e comunicato in Procura, Silvia riceve una telefonata su una linea privata, non intestata a lei (anche questa!) da un sedicente signor Taddei Gianfranco, in cerca di compagnìa femminile. Non sarà possibile risalire all'ubicazione del chiamante.
Il 26 Settembre del 1985, a seguito di una fuga di notizie nella stessa Procura fiorentina (e che determina l'apertura di un'indagine interna), viene pubblicamente diffusa l'esistenza della lettera col lembo di seno.
Silvia Della Monica è di nuovo pubblicamente protagonista delle vicende del Mostro di Firenze.
Negli stessi giorni arrivano in Procura diverse lettere anonime, alcune vere e proprie minacce, alcune si teme addirittura consegnate a mano.



Avvocato Adriani intervistato su Nove.it il 19 Aprile 2018, riporto alcuni passi che personalmente ritengo interessanti:
"Si va oltre l'orrore: un lembo di seno della ragazza francese viene spedito da una cassetta delle lettere di San Piero a Sieve al magistrato Silvia Della Monica che fino al 1982 aveva indagato sul Mostro e che forse aveva capito qualcosa e quindi occorre punirla, intimorirla al punto da costringerla a richiedere la scorta."
"Probabilmente un assassino istrionico che
ha in odio i propri simili e le Istituzioni
, che prova piacere quando uccide, in un delirio di onnipotenza, e poi si compiace sui giornali del clamore suscitato dalle proprie gesta.
Nel 1981 accade però qualcosa per cui rischia di essere individuato, ma ha amicizie importanti in apparati pubblici e riesce a non farsi beccare.
"


LINK:



domenica 2 febbraio 2020

Elisabetta Ciabani

Appunto n. 28

La leggenda di Elisabetta Ciabani

Premessa doverosa: con questo appunto non voglio portare il lettore a propendere per il suicidio o per l'omicidio, chi avrà la voglia di leggerselo tutto capirà che il mio è da intendersi più come un "appello".
Voglio solo proporre degli elementi che secondo me hanno contribuito a unire indissolubilmente il caso di Elisabetta Ciabani e quello del mostro di Firenze.
Elisabetta tornò sotto i riflettori subito dopo il delitto di Vicchio, nell'estate del 1984 e furono soprattutto i giornalisti del quotidiano La Città ad approfondirne i diversi aspetti, impegnandosi affinché l'archiviazione del suicidio venisse rivista.

Ci siamo già occupati in altri appunti dei molteplici casi di cronaca che riempirono i giornali nell'84 e in fondo alla pagina troverete alcuni link nel caso voleste ributtarci un'occhio.
Dopo due duplici omicidi anomali e senza escissioni (Baccaiano e Giogoli), il mostro alza l'asticella dell'orrore e firma l'ennesimo massacro aggiungendo anche l'escissione del seno a quella del pube.
Le prime pagine dei quotidiani sono tutte per lui, ma mescolati vi sono altri fatti di cronaca di quei giorni che a torto o a ragione finiscono per legarsi indissolubilmente al mostro delle coppiette nell'immaginario collettivo.

E' il caso ad esempio del marchese trentatreenne Roberto Corsini, ucciso con una fucilata in pieno viso nella sua tenuta di Scarperia "Le Mozzette" il 19 agosto 1984.
Un fucile Franchi calibro 12 a canne sovrapposte, impugnato da MP, uno scalpellino ventiquattrenne anche lui di Scarperia.
Un colpo partito accidentalmente o un caso di bracconaggio, morto "per un fagiano".
Il nobile fiorentino viene ucciso domenica pomeriggio e il suo corpo nascosto dentro un ruscello.
Ma il sostituto procuratore Gabriele Chelazzi non è troppo convinto dalla confessione del giovane e rimangono dei dubbi sul proprietario di un cappello mimetico ritrovato sul luogo del delitto, MP starebbe coprendo qualcuno?
Un caso di cronaca che si mescola alle notizie provenienti da Vicchio, ai report sulle riunioni della neonata "SAM", alle telefonate di anonimi informatori, agli omicidi delle prostitute, alle ennesime confessioni di Stefano Mele.
Ad Elisabetta Ciabani.
Partiamo quindi con un articolo molto dettagliato e decisamente critico nei confronti dell'indagine sulla morte della giovane fiorentina.

La Città, 15 e 16 agosto 1984
Sicilia, 22 agosto del 1982, un caso archiviato come suicidio
Elisabetta Ciabani
Una morte misteriosa o l'ombra del mostro?
Un violento colpo al basso ventre, una ferita da coltello al pube, il fodero insanguinato a qualche metro dal corpo, eppure...
Il 22 agosto del 1982 a Sampieri, in Sicilia, venne uccisa una ragazza fiorentina: Elisabetta Ciabani di 22 anni, una studentessa di architettura.
Nei primi giorni dopo l'omicidio i giornali parlavano di un possibile collegamento di questo delitto con quelli del maniaco di Firenze che uccide le coppie di fidanzati.
Questo perché Elisabetta Ciabani abitava a Firenze a pochi metri dall'abitazione di Susanna Cambi e le loro famiglie si conoscevano.
Ma subito dopo, nei mesi seguenti, pur rimanendo l'ipotesi di un maniaco assassino, sono cominciate le operazioni di occultamento di un episodio che poteva dar noia a un luogo di villeggiatura considerato tranquillo, indisturbato e senza precedenti delittuosi.
Infatti, più tardi i giornali hanno riportato le ultime assurde tesi degli inquirenti siciliani che proponevano addirittura un caso di suicidio.
Ma esaminiamo i fatti che riguardano questo episodio.
Elisabetta ciabani era una ragazza molto tranquilla, dalla vita regolare.
Orfana di padre, conduceva un'esistenza normale, molto legata alla madre, alla sorella e all'anziana suocera della sorella.
Era una ragazza timida e riservata, semplice, con un carattere generoso e affettuoso.
Nei mesi precedenti alla morte aveva partecipato ad un concorso alla Regione e sperava di trovare un'occupazione soddisfacente.
Nel frattempo aveva svolto vari lavori part-time presso uffici di Import-Export ed altro.
Frequentava la Chiesa di San Jacopino e aveva offerto la sua opera di volontariato per l'assistenza degli anziani.
All'inizio del mese di Agosto era andata in vacanza con la sorella Gianna, con Silvano, il compagno della sorella, e l'anziana madre di lui.
Sabato 21 agosto, la ragazza viene lasciata sola con la vecchia signora, mentre gli altri vanno in gita dalle parti di Palermo.
La mattina di domenica alle 9.30 per i locali della lavanderia del Residence dove alloggiava viene trovato il corpo esanime di Elisabetta.
Il corpo presentava i segni di un violento colpo, forse un pugno, ricevuto al basso ventre, una profonda ferita da coltello al pube e infine l'ultima pugnalata che aveva reciso l'aorta sotto la mammella sinistra, dove ancora era conficcato il coltello.
Un suicidio, in quelle condizioni, era impensabile, eppure nei giorni successivi questa ipotesi prese piede e si arrivò a dire che il coltello era stato comprato dalla stessa Elisabetta Ciabani.
Ma ancora più tardi, e questo i giornali non lo hanno riportato, si saprà che quel coltello non era in vendita nel supermercato a cui si voleva farne risalire la provenienza.
Sono stati anche negati i segni di una colluttazione, per convalidare l'idea che la ragazza si fosse suicidata.
E i segni bluastri di un inequivocabile pugno o del colpo di un oggetto contundente, ricevuto al basso ventre?
E il fodero insanguinato del coltello, nuovo di zecca, trovato sul ripiano della lavatrice, pulita e senza macchie, ad una distanza di qualche metro, non certo raggiungibile da una persona morente che giace sul pavimento, con un coltello conficcato nel cuore per molti centimetri?
La cosa che più sorprende e che ricorda vividamente i delitti delle coppie di fidanzati è proprio la coltellata inferta al pube, la quale in se stessa esclude l'eventualità del suicidio e che invece ricorda in modo preciso e puntuale le mutilazioni subite da Susanna Cambi, Carmela Di Nuccio e Pia Rontini.
Qualcuno può obiettare che è troppo poco, che non si tratta di un dato sufficiente per stabilire un rapporto con la catena di duplici omicidi.
Ma è forse poco morire a 22 anni per mano di uno psicopatico, e non è triste vedere che un caso come questo viene archiviato come suicidio, smentendo in modo inequivocabile la realtà dei fatti?
E' un caso a parte, o piuttosto un episodio accantonato, irrisolto e messo a tacere per chissà quali interessi?
Si può accettare l'archiviazione come suicidio, quando non c'è spiegazione che tenga, ma anzi i fatti dimostrano il contrario?
E non sarebbe meglio invece, riaprire l'indagine per ricostruire gli ultimi giorni di vita di Elisabetta Ciabani, che forse potrebbero contenere dettagli utili alle ricerche in corso, sull'assassino delle coppie?
Perché un maniaco perverso, capace di mantenere un comportamento sociale anonimo e insospettabile non potrebbe andare in vacanza come la maggior parte della gente nel mese di agosto?
Maria Novella De Cristofaro





Passano pochi giorni e il quotidiano ritorna sugli approfondimenti richiesti da Firenze.

La Città, 21 agosto 1984
Alcuni investigatori della squadra 'antimostro' sono in trasferta in varie parti d'Italia. Hanno il compito di studiare alcuni casi di omicidio rimasti irrisolti che hanno qualche analogia con i delitti del 'mostro di Firenze'.
Si tratta di casi di coppie uccise mentre erano appartate in macchina, e di casi di accoltellamenti di donne sole.
Fra questi ultimi, vengono presi in considerazione gli omicidi di due donne di Firenze: la studentessa Elisabetta Ciabani, uccisa a Sampieri (Ragusa) il 22 agosto 1982, e la professoressa Adele Barsi Arena, uccisa a Brunisco, in Alto Adige, il 19 luglio scorso.
Elisabetta Ciabani aveva 22 anni, era studentessa di architettura, abitava in via Ponte all'Asse 13, in San Jacopino, e si trovava a Sampieri in villeggiatura con la sorella maggiore.
Fu accoltellata nella lavanderia del residence in cui abitava: due pugnalate inferte con un coltello da cucina, una al pube, l'altra al seno.
All'inizio si parlò del delitto di un maniaco, poi il caso fu archiviato con una frettolosa quanto improbabile sentenza di suicidio.
Da tempo il nostro giornale sosteneva che il caso doveva essere riesaminato.
Anche perché - a parte l'insostenibile tesi del suicidio - Elisabetta Ciabani abitava a Firenze a poche decine di metri da Susanna Cambi, una delle vittime del 'mostro', uccisa a Calenzano col fidanzato esattamente 10 mesi prima (il 22 ottobre 1981).

Continua l'articolo:
Le modalità di questi delitti sono completamente diverse da quelle degli omicidi dei fidanzati, ma gli investigatori hanno deciso di non trascurare assolutamente niente, anche in considerazione del fatto che i maniaci sessuali - a differenza della maggior parte degli altri criminali - talvolta non si 'specializzano' in un reato, ma aggrediscono e uccidono vittime diverse (coppie, donne, bambini) con metodi diversi.

Sempre lo stesso giornale, punta l'attenzione su una strana coincidenza territoriale e temporale:

La Città, 26 e 27 agosto 1984
Impressionanti coincidenze fra due misteriosi delitti
C'è un legame fra Signa e Scicli?
Uno dei personaggi che compare sullo sfondo del processo per il delitto del '68 è un muratore originario di Scigli, in provincia di Ragusa.
Era un vicino di casa di Stefano Mele e Barbara Locci.
Nel processo compare solo per testimoniare che era andato alcune volte a trovare in casa Stefano Mele e che mai l'aveva sentito lamentarsi della moglie, anche se lei usciva spesso con Francesco Vinci.
Aveva conosciuto anche Antonio Lo Bianco, l'ultimo amante di Barbara, l'uomo che era stato ucciso con lei, perché Lo Bianco aveva abitato nello stabile dove poi si erano trasferiti i coniugi Mele.
All'epoca dell'omicidio di Barbara Locci e di Antonio Lo Bianco, e cioè il 21 agosto 1968, pare che il vicino di casa non si trovasse a Signa.
Secondo le sue dichiarazioni, era partito per la Sicilia il 10 agosto ed era tornato il 27.
Tutto qui.
Ma c'è un dettaglio che colpisce.
Quest'uomo era di Scicli, lì a Scicli il 22 agosto 1982 è stata uccisa una studentessa fiorentina, Elisabetta Ciabani.
Elisabetta era in vacanza a Sampieri, la spiaggia di Scicli, con la sorella.
Fu accoltellata nella lavanderia del residence dove abitava: una pugnalata al pube e una al seno.
Il caso è stato liquidato come suicidio, ma l'archiviazione non ha convinto nessuno.
E recentemente la squadra investigativa 'antimostro' ha deciso di riesaminarlo, per capire se l'uccisione della studentessa possa essere opera dell'assassino dei fidanzati; anche perché Elisabetta Ciabani a Firenze viveva a poche decine di metri da una delle vittime del mostro, Susanna Cambi, e le famiglie si conoscevano.
Il fatto che un vicino di Barbara Locci fosse di Scicli è una coincidenza che fa meditare.
Viene da chiedersi se sia stata notata, studiata.
Se sia stata controllata la famiglia di quest'uomo, il suo ambiente.
Anche perché c'è anche una coincidenza di date che fa impressione: Barbara Locci e Antonio Lo Bianco furono uccisi la notte fra il 21 e il 22 agosto del '68.
Elisabetta Ciabani è stata uccisa esattamente 14 anni dopo, il 22 agosto dell'82.
Un puro caso?


Vediamo quindi i punti di unione di Elisabetta e Susanna:
- coetanee (22 e 24)
- coltellate seno / pube
- abitazione in San Jacopino
- famiglie che forse si conoscevano

E quelli di Elisabetta con il mostro:
- età della vittima
- coltellate inferte
- vicinanza abitativa con la precedente vittima
- luogo dell'omicidio legato ad un testimone di Signa
- data della morte coincidente col duplice omicidio di Signa




Facciamo adesso un salto in avanti di dieci anni.
1994, sulla rivista "Visto" il giornalista Gennaro De Stefano pubblica quello che ritengo un articolo inspiegabile sotto vari aspetti.

Se il mostro è in galera quei proiettili di chi sono?
"Ho paura, c'è un uomo alto, con una Alfa Romeo rossa, i capelli rossicci che mi segue continuamente" s'era confidata Susanna con Alessandra Ciaboni, sua amica e coetanea che, andata in vacanza a Ragusa l'estate successiva, fu trovata uccisa con un coltello nel petto e ferite profonde al pube.
Perché nelle trentamila pagine dell'inchiesta la verità c'è, forse è seppellita o forse troppo evidente da non essere stata vista, ma c'è. E prima o poi verrà fuori.
Perché ad esempio un’Alfa Romeo rossa fu fermata dai carabinieri alle Bartoline poco prima dell’omicidio di Susanna e Stefano, che avvenne attorno alle 23,30 e i militi dell'Arma si limitarono a controllare la patente del guidatore osservando, però, che "il conducente rivelava uno stato di agitazione psicomotoria inusuale".
I carabinieri non lo sanno e non parlano, ma nelle famose trentamila pagine dell’inchiesta l’ex legionario è apparso, eccome, e proprio nel 1981 e proprio dopo l’omicidio di Susanna e Stefano.
Era lui l’uomo fermato alle Bartoline su un’Alfa rossa alle 22 circa del 22 ottobre, era lui l’uomo agitato e nervoso che fu lasciato andare, era lui uno dei guardoni della zona.

Il titolo si riferisce ai proiettili legati alla vicenda del legionario di quei giorni, ma De Stefano aggiunge diversi elementi assolutamente inediti (al di là dell'errore sul nome):
- Elisabetta sarebbe stata amica di Susanna
- Susanna confiderebbe caratteristiche fisiche dello scocciatore che la pedinava
- il particolare sui capelli rossicci e sull'auto rossa
- Vigilanti sarebbe stato fermato la notte dell'81 in stato di agitazione vicino al luogo dell'omicidio

E' impossibile stabilire quali di queste informazioni siano vere e quale fosse la fonte del giornalista che ci ha lasciato ormai 12 anni fa.
Quel che è certo è che l'amicizia tra Susanna ed Elisabetta viene riportata successivamente anche da altri.
Ad esempio su un libro del criminologo Francesco Bruno del 1996 e da Alvaro Fiorucci nel suo tomo del 2012 (come sottolineato su Insufficienza Di Prove).
Ma esiste un verbale di Elisabetta in merito alla morte di Susanna?
Esiste un rapporto di servizio dei carabinieri sul legionario fermato la notte di Calenzano?
Se qualcuno è in possesso di qualcosa di più dei "sentito dire", non esiti a scrivere.
Per quanto riguarda le amicizie di Susanna, un verbale interessante porterebbe data 3 novembre 1981.

La Nazione, 3 novembre 1981
E' attesa per stamani una testimonianza forse rivelatrice
"Ho qualcosa da dirvi sul mostro"
Un fatto singolare accadde ai fidanzati nel luogo dove erano stati più di una volta
Il legale della famiglia ha l'impressione che gli investigatori non si muovano proprio al buio e che fra il pazzo e le sue vittime ci sia un qualche legame
Cinzia Cambi dai magistrati

La Nazione, 4 novembre 1981
Le indagini sul mostro
Una delle migliori amiche di Susanna Cambi, la ragazza massacrata dodici giorni fa insieme con il fidanzato dal mostro dei campi, è andata ieri dal magistrato, che l'ha ascoltata per un'ora.
Segreto strettissimo, naturalmente; in ogni modo gli inquirenti puntano molto sull'ipotesi che l'assassino non abbia colpito a caso, e che di lui sia rimasta qualche traccia nel passato recente delle vittime; e questa traccia può essere individuata da qualcuno che era nella cerchia di Susanna.
Le indagini sul maniaco dei campi dodici giorni dopo il massacro di Calenzano
Un'amica di Susanna sentita dal magistrato
Alle 12,35 la testimone che doveva riferire particolari sugli ultimi giorni di vita di Susanna Cambi è entrata nell'ufficio del sostituto procuratore della Repubblica di Firenze Silvia Della Monica.
Ne è uscita circa un'ora dopo.
Sulla deposizione attesa e di particolare interesse, non è trapelato niente e le illazioni che subito dopo sono circolate non hanno trovato conferma.
La testimone, una delle migliori amiche di Susanna, è stata fatta uscire da una porta secondaria per sottrarla alla curiosità dei giornalisti.
L'unica indicazione che viene dal suo interrogatorio è che gli inquirenti evidentemente attribuiscono molta importanza all'ipotesi che l'assassino dei fidanzati non abbia colpito a caso e che quindi possa avere lasciato qualche traccia nel passato, magari recente, delle sue vittime.
Per questo anche oggi verranno ascoltati dai magistrati altri amici e conoscenti di Susanna Cambi e di Stefano Baldi.

Lo stesso giorno, La Città è più pessimista e titola "vana attesa di una testimonianza rivelatrice".
Da escludersi che la misteriosa amica sia Cinzia Cambi, sorella minore di Susanna, in quanto fin dai primi giorni attiva mediaticamente con appelli e interviste pubbliche.

Dal lato investigativo l'interesse suscitato negli inquirenti fiorentini sul caso Ciabani è sufficientemente legittimato dalla vicinanza delle abitazioni delle due giovani e dalle loro morti violente. In un momento in cui nessuna pista veniva tralasciata, è normale svolgere degli approfondimenti.
Ma il legame di amicizia tra Elisabetta e Susanna potrebbe ragionevolmente essere solo un errore giornalistico ereditato e consolidato articolo dopo articolo, fino ad arrivare ai nostri giorni.
Come già detto, non siamo riusciti a trovare documenti cartacei sull'amica della Cambi che venne ascoltata il 3 novembre 1981, la sua identità ci è pertanto ignota.
Come ignoto rimane il contenuto della deposizione, utile o no ai fini delle indagini.
Chiunque volesse contribuire a sfatare queste leggende con prove oggettive, è chiaramente il benvenuto.

1984 - omicidi prima di Vicchio Appunto n. 23
1984 - omicidi dopo Vicchio Appunto n. 24

domenica 26 gennaio 2020

Scopeti 1983

Appunto n. 27

Scopeti 1983 - prima parte

Sì, 1983, non è un refuso. Le cronache immediatamente successive al duplice omicidio di quell'anno già ci presentano tra le righe la zona che diventerà tristemente nota solo il 9 settembre 1985.
Ma partiamo dall'inizio.

9 settembre 1983 - Giogoli - vittime Uwe Rüsch e Horst Meyer

I due giovani tedeschi erano arrivati a Firenze da qualche giorno con il camper, di giorno visitavano la città e la sera, invece che fermarsi in un camping, andavano alla ricerca di un posto appartato per dormire.
Nella notte di mercoledì (o di giovedì, lui non lo ricorda), il furgone fu visto da una guardia giurata della Metronotte, Giampiero Salvadori, che faceva il suo giro d'ispezione nei pressi delle cantine Serristori di San Casciano.
Il camper era posteggiato di fronte al cancello di una villa e il metronotte bussò allo sportello, con la pila illuminò il volto di Horst Wilhelm Meyer e gli disse che in quel punto non potevano sostare.
Vide nel furgone anche il Rusch Sens che dormiva e gli parve una ragazza.
(La Nazione, 11 settembre 1983)

Per collocare geograficamente di cosa parla l'articolo sul metronotte: le cantine Serristori erano sotto Villa Machiavelli, via Scopeti 64, secondo quanto riferitomi da abitanti della zona.
Il delitto dei francesi di due anni dopo avviene di fronte via Scopeti 124.
L'articolo specifica solo la zona da cui vennero allontanati i tedeschi, un punto favorevole per posizionare il furgoncino, di fronte al cancello di una villa.
Non mi risultano condizioni simili in altre ville della zona a parte quella di fronte agli orrori dell'85.
Due coppie straniere, entrambe in campeggio, nella stessa zona, vittime del mostro di Firenze.
È una coincidenza abbastanza inquietante.
Si può far correre la fantasia ed ipotizzare che il mostro abbia tratto spunto da questo articolo del 1983 per scegliere e studiarsi la zona degli Scopeti in vista dell'85.
Oppure aveva già scelto la piazzola fin dall'83 e il metronotte ha solo rimandato l'inevitabile?
Ma in questo secondo caso, perché intestardirsi sui due ragazzi tedeschi e seguirli (o cercarli) fino ad arrivare a Giogoli per commettere il delitto?
Meno probabile questa possibilità, anche perché i ragazzi andarono a giro anche il giorno dell'omicidio prima di riposizionarsi nello spiazzo di Giogoli all'ora di cena, difatti limitando la presenza del mezzo alla sola notte.
NB: dalle cantine alla piazzola di Scopeti sono meno di 2 minuti in auto, zona battuta dalla guardia giurata. Da Scopeti a Giogoli sono 15 minuti in auto, spostamento dei tedeschi.




La data.
I corpi dei giovani tedeschi vengono trovati ufficialmente il giorno 10, sabato, alle ore 19:30, da Rolf Reinecke che abitava nella villa adiacente, La Sfacciata.
In corsivo, dal blog Calibro22: alcuni testimoni vedevano i tedeschi la mattina quando facevano colazione, poi sparivano per tutto il giorno, quindi ricomparivano la sera intorno alle ore 20:00.
Da accertamenti testimoniali eseguiti su rogatoria, risulta che le vittime sarebbero partite da Monaco il 7 Settembre.
Il metronotte li allontanerebbe quindi dalla piazzola di Scopeti la notte del loro arrivo, mercoledì, oppure giovedì, esattamente il 7 o l'8 Settembre.
La mente corre nuovamente avanti di due anni, al delitto Nadine Mauriot - Jean Michel Kraveichvili, chissà se quella data era importante per lui o è stata solo una casualità, l'ennesima.
Evitiamo ogni commento personale e la aggiungiamo alle "inquietanti coincidenze".

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Scopeti 1983 - seconda parte

Trascorrono quattordici anni da quell'articolo.
E' il 1997, il GIDeS ha sostituito la Squadra Anti Mostro e il suo capo, Michele Giuttari, sta divorando ogni faldone dell'inchiesta, anche il più polveroso, a caccia di nuovi spunti.
Durante questa fase, salta fuori un nuovo testimone.

FIRENZE, S' INDAGA SU UN AGGUATO MANCATO
La piazzola degli Scopeti dove nel settembre del 1985 una coppia di francesi fu uccisa dal mostro potrebbe essere stata teatro di un altro delitto mancato.
La squadra mobile di Firenze sta verificando le dichiarazioni che un ex muratore di San Casciano, Giovanni Bonechi, 67 anni, ha rilasciato al Tg1 e al quotidiano 'La Nazione' .
Ieri Bonechi è stato ascoltato per due ore dal capo della mobile Michele Giuttari.
Ha raccontato che in un giorno imprecisato, forse nel 1983 o '84, andando a caccia parcheggiò la sua auto nei pressi della piazzola di Scopeti.
Erano le sei del mattino.
Nella piazzola c' era una tenda verde.
Bonechi stava inoltrandosi nella macchia quando gli si avvicinò un contadino che disse: "Attento perchè qui sparano. Stanotte ho sentito dei colpi, sono uscito per vedere che stava succedendo e vicino alla tenda, che è stata montata ieri sera da un uomo e da una donna, ho visto due bossoli".
I bossoli erano lì.
"Erano di pistola", sostiene Bonechi.
Nella tenda non c' era nessuno.
Forse gli occupanti avevano passato la notte altrove.
Poche ore più tardi la tenda non c' era più.
Ora la polizia sta cercando di identificare il contadino incontrato da Bonechi.
(La Repubblica, 5 gennaio 1997)

Sul fronte delle indagini ieri è stato interrogato, dal capo della Mobile Giuttari, un cacciatore di San Casciano.
L'uomo, Giovanni Bonechi, 66 anni, ha riferito che due anni prima circa del delitto degli Scopeti, nella stessa piazzola dove furono uccisi i due turisti tedeschi, trovò una tenda con fuori dei bossoli.
A segnalargliela era stato un contadino che nella notte aveva udito alcuni spari.
Una semplice testimonianza che avrebbe fatto pensare a un presunto mancato delitto ai danni di una coppietta: un episodio sul quale sono in corso accertamenti.
(Corriere della Sera, 5 gennaio 1997)




Una sintesi delle affermazioni del Bonechi, che ritagliamo da La Nazione:

Il mostro fallì un altro agguato.
Un cacciatore: "forse un altro delitto mancato"
Vide due bossoli di pistola in terra, e un contadino amico gli disse che qualcuno aveva sparato agli occupanti di una tenda
"Ho visto due bossoli agli Scopeti, in quegli anni. Ero andato lì a caccia e insieme a un contadino che abitava nella casa davanti vidi due bossoli per terra.

(l'articolo successivamente fornisce anche un'indicazione più precisa: "contadino che forse ha abitato quella casa sulla collinetta davanti alla piazzola")

Sono sicuro. Erano due bossoli di pistola.
Erano prima di arrivare agli Scopeti, lungo la strada, sulla sinistra.
C'era un contadino che mi conosceva per nome e mi chiamò e mi disse 'oh Bonechi, stanotte hanno sparato'.
Guardai i bossoli per terra, ma non li toccai.
Sarà stato l'80 o gli anni successivi.
Prima di quando ammazzarono i francesi.

(Bonechi poi si confonde sulle date e spara l'86)

Quel contadino ha sentito due botte, di notte. Me lo raccontò lui.
Disse che c'erano due in una tenda tirata su nel bosco e di averli visti scappare.
Lui li aveva visti fare la tenda.
Si salvarono perché si buttarono di sotto dal ciglio della strada.
E lui aveva visto questa scena." 
Bonechi avrebbe parlato dei bossoli con una troupe Tv che gli aveva chiesto di accompagnarla su uno dei luoghi della vicenda.
(La Nazione, 4 gennaio 1997)

Un racconto tardivo, troppo, che quindi solleva legittimi dubbi sulla sua veridicità.
Comunque il 14 Luglio 1997 il Bonechi è di fronte alla Corte, ma l'argomento della tenda e dei bossoli non viene affrontato.
E' una fase in cui si cerca di confermare o smentire la sudditanza psicologica di Lotti nei confronti del Pacciani, si scava quindi sulla sua sessualità.
Per intenderci, è la testimonianza divenuta nota per la frase che gli viene contestata dal Pubblico Ministero "il Lotti era un finocchio, nel senso che andava con gli uomini per pigliarlo in c**o e non per metterlo. Questa voce l'ho sentita tanto tempo fa nel paese di San Casciano, dai primi anni '80 in poi".
Non risulta sia stato rintracciato il testimone degli spari che abitava nei pressi della piazzola, se ancora vivo al momento degli accertamenti del '97.

Niente bossoli conservati, niente denuncia, rimane solo un racconto suggestivo da mettere nel mucchio assieme a tanti altri.


Calibro 22 - delitto Giogoli 1983 - link all'utilissimo blog