giovedì 5 ottobre 2017

oltre la Pista Sarda

Appunto n. 6

Strani personaggi circondano e legano tra loro i più noti accusati di essere il Mostro di Firenze.
Cercherò di riordinare quanto emerso dai processi nel modo più sintetico possibile, partendo da:
Giovanni Calamosca, nato a Imola il 23 Agosto 1928, muore in un incidente stradale a Luglio del 2014. Viveva a Firenzuola nel Mugello (località Caburaccia, via iI Poggio 14).
Ex pastore reinventatosi borghese, proprietario terriero, separato.
Legato a noti personaggi dell'Anonima Sarda, finisce in galera più volte, anche con l'accusa di aver partecipato a sequestri di persona.
Viene interrogato da Michele Giuttari e poi sentito a processo nel 1997, dove riferirà particolari sulla sua amicizia con Francesco Vinci e con Pietro Pacciani.
Calamosca, il suo servo pastore e Francesco Vinci vennero arrestati una mattina del 1974 a Castel San Pietro. Trascorsero insieme 18 mesi in carcere a San Giovanni in Monte.
Lì Francesco Vinci gli avrebbe confessato di essere l'autore del duplice omicidio del 1968 (Locci - Lo Bianco) assieme al marito della vittima, Stefano Mele. Vinci poi avrebbe convinto il Mele a prendersi tutta la responsabilità approfittando dello sconto di pena dovuto al movente passionale, promettendogli soldi per il suo silenzio. In seguito però, vedendo che l'accordo non veniva rispettato, il Mele avrebbe infine confessato il coinvolgimento di Francesco in quel di Signa.
Non solo: Francesco ammette a Calamosca che la pistola era sua ma l'ha ceduta ad altri, ma a chi non glielo dice.
Una sera, Francesco si presenta a casa di Calamosca assieme a un altro (chi?).
Chiede aiuto, ha fretta, dice che entrambi sono ricercati ma anche se il motivo ufficiale è "per maltrattamenti familiari", il Vinci si dice sicuro che è una balla, il vero motivo per cui lo cercano è il Mostro di Firenze. Per questo deve scappare subito all'estero. E sa che il Calamosca può aiutarlo, perché conosce qualcuno che a Milano può fargli un passaporto, basta pagare. Ma sono almeno 2 milioni di lire.
I soldi non sono un problema. Francesco dice di averli. Li nasconde in un luogo sicuro, ha un nascondiglio fuori casa che conoscono solo lui e sua moglie.
Ma chiede a Calamosca un altro paio di giorni prima di andare a fare il passaporto a Milano, giusto il tempo di mettere a segno un furto di bestiame (evidentemente i soldi necessari non li aveva, se si mette a rubare mentre la polizia lo cerca).
Calamosca per il furto gli fornisce la sua auto 125 che rimane distrutta durante un conflitto a fuoco alle porte di Pisa dove erano incappati in un posto di blocco.
Metà Agosto 1982: Francesco telefona a Calamosca chiedendogli di andare a prenderlo a Fiorenzuola dove aveva rubato una Mini Minor (no, non è quella del gastroenterologo).
Il Vinci è agitato, ripete che deve scappare il prima possibile, deve sparire dall'Italia, va bene anche in Australia, l'importante è muoversi, andare subito a Milano a prendere questo benedetto passaporto.
"Non voglio mettere nella merda una famiglia."
Francesco Vinci braccato dalla Criminalpol ma anche dal vero Mostro?
"Io ho sempre pensato che ci fosse qualcuno sotto che avesse paura che parlasse della pistola e che Francesco Vinci lo ricattasse."
E ancora:
"Ho sentito dei sardi avere una gran paura di questo."
La questura di Firenze bussa a casa di Calamosca il giorno di Ferragosto dell'82, chiedendo di Francesco per arrestarlo. Il Maresciallo Paladini conferma che è per maltrattamento familiare e "furto di vacche", ma Francesco è sicuro: "lasci perdere, so che è per altre cose".

Anche Calamosca si fa 59 giorni di carcere, fino al 30 Aprile 1985 perché accusato di detenere una pistola (ovviamente calibro 22) che però non venne mai trovata.
Non è la sua prima esperienza da galeotto e non sarà l'ultima.
Nel centro clinico di Sollicciano, tra il 1987 e il 1988 Calamosca conobbe altri due personaggi: Giuseppe Sgangarella e Pietro Pacciani.
Sgangarella si trovava in carcere per aver stuprato e ucciso una bambina di 8 anni (era "il più brutto essere che ci possa essere al mondo" ci dice Calamosca), Pacciani per le violenze sulle figlie.
Il rapporto tra i due viene descritto in modo molto differente a seconda degli intervistati.
Secondo Don "Cuba" Cubattoli (San Donato in Poggio, 24 Settembre 1922), i due erano grandi amici, a tal punto che Pacciani aveva promesso di regalargli una casa.
E infatti, convinto della loro grande amicizia, il 2 Gennaio 1992 Don Cuba va a trovare Pacciani a Mercatale per aiutarlo a far ripartire l'auto rimasta nel garage che dà su Piazza del Popolo, portandosi dietro Antonio Rescigno e anche lo Sgangarella.
Proprio una grande amicizia la loro, al punto che Pacciani non lo perde di vista un istante, lo segue in tutti i suoi spostamenti, controlla cosa tocca e cosa fa.
Il vampa arriverà perfino a confidarsi con Ruggero Perugini, anticipando la clamorosa scoperta che avverrà di lì a poco e che lo condannerà all'etichetta di Mostro (un proiettile calibro 22 "serie H"):

"Mi fa sapere che sono andati a trovarlo don Cuba e un detenuto, tale Ciucciamosche, condannato per violenza carnale e omicidio di una bambina di nove anni. Lo sapevo già, ma ovviamente non glielo dico. «Che mi abbia lasciato qualcosa nell'orto? C'era uno che doveva fare un monte d'anni e che aveva detto di sapere un sacco di cose sul mostro... Poi è uscito fuori che 'un aveva niente da dire...»
E perché mi viene a raccontare questo? Ormai lo conosco, so che non parla se non ha un preciso motivo, un motivo che gli torni conveniente. È uno che ha una concezione economica dell'esistenza e non sopporta di sprecare qualcosa inutilmente, neanche il fiato. Mi ha colto un po' di sorpresa che abbia manifestato un sospetto del genere proprio a me. Lui ci vive ormai in quella casa, se ha il dubbio che qualcuno gli abbia messo qualcosa di compromettente nell'orto non ha che da verificare. A meno che non lo abbia già fatto e non abbia trovato nulla. Ma in questo caso, allora, lui deve avere la certezza che in quell'orto qualcosa ci sia. Questo penso e mi sorprendo a guardare per terra mentre lui mi accompagna fuori dalla sua abitazione. È sempre molto gentile e rispettoso con me. D'altronde perché non dovrebbe esserlo? Io non gli voglio male, faccio il mio mestiere."

Secondo Calamosca, il loro era un rapporto burrascoso, altro che di amicizia. Tra i due erano frequenti liti ed urla, perché il ruolo di scrivano ricoperto da Sgangarella era ambito anche dal Pacciani.
Calamosca condivise per una decina di giorni anche la propria cella (numero 10) con Pacciani, ma poi il Vampa se ne andò da solo nella numero 6 perché per taccagnerìa preferiva risparmiare sul cibo usufruendo del rancio del carcere piuttosto che partecipare alle spese "di gruppo" (qui si dovrebbe entrare nelle dinamiche dei galeotti delle quali nulla so e neanche ci interessa).
Durante la loro frequentazione, Pacciani gli avrebbe addirittura confidato di aver avuto un figlio maschio ad inizio anni '60 con Miranda Bugli (vedi omicidio del 1951) e che lavorava dalle parti di Bologna (...).

Nel Marzo 1989 Calamosca viene scarcerato con Enzo Spalletti e un ambulante di Vicchio.

Nel verbale del 13 Marzo 1997, a Michele Giuttari riferisce il Calamosca:
"il Vinci è stato ammazzato perché non era più affidabile, nel senso che avrebbe potuto parlare perché si ubriacava, non era più riservato, costituiva un pericolo".
Anche "Don Cuba" ci descrive un Francesco Vinci allo stremo, in preda a crisi di pianto, che sbatte la testa contro il muro.

Sorvolando - almeno per il momento - sugli intrighi che poi legheranno i sardi ai Compagni di Merende (riconosce Milva Malatesta, Francesco Vinci conosceva Pacciani e Indovino, spunta il bar di Prato e via discorrendo), i sospetti iniziano a circondare anche lo stesso "borghese del Mugello".
Calamosca finisce per attirare l'interesse dell'investigatore Adriano Gei dell'agenzia Pinkerton, assoldato da Renzo Rontini, padre di Pia (vittima del mostro nel 1984).
Gei prepara uno scoop per il canale VideoFirenze ma la trasmissione viene bloccata prima della messa in onda. Su questa parte della storia ci rimane solo qualche passaparola o leggenda come il Rontini in affari con Calamosca, un litigio tra i due, i luoghi degli omicidi legati al nome del soggetto (CALenzano MOSCiano GIOgoli) e anche dei testimoni oculari.
Ad esempio Paolo Santoni.

Avvocato Curandai, parte civile, 26 Giugno 1997:
"Chiedo di sentire, o meglio, di risentire come teste un certo signor Santoni Paolo, che era già stato sentito come teste su un altro capitolato. Perché costui, già in altro procedimento, ha più volte affermato di avere visto la famosa pistola calibro 22 all'interno dell'abitazione del Calamosca. Anzi, lui dice che fu lo stesso Calamosca che gli fece vedere uno scrigno; all'interno di questo scrigno c'era la pistola famosa calibro 22, appunto, l'arma di questo processo e di tutti questi delitti, con delle munizioni entro. Siccome il Calamosca ha sostenuto di non averla mai vista, ma di aver saputo tutto questo soltanto dal Vinci e siccome sotto questo profilo abbiamo un teste oculare, io chiedo, insisto..."

Michele Giuttari, lo stesso giorno:
"Ricordo proprio il verbale del 9 settembre. Il Calamosca venne sentito subito, subito dopo la scoperta del delitto. E poi, nei giorni seguenti, costituì oggetto di una attività investigativa più approfondita che si è articolata anche con perquisizione domiciliare dovuta anche perché vi erano delle testimonianze raccolte dal Giudice, dagli investigatori che riferivano di un possesso della pistola calibro 22 proprio da parte del Calamosca. Vennero fatte delle perquisizioni, venne trovato, ricordo di aver letto, credo un fucile, ma non la pistola e il Calamosca venne poi arrestato per la detenzione illegale di questo fucile, venne quindi ristretto. Gli venne poi notificata l'imputazione anche relativa ai delitti del mostro, imputazione dalla quale poi è stato completamente scagionato."

Le amicizie di Calamosca però non si fermano qui.
Se mai ce ne fosse bisogno, altri personaggi di spicco si legano a lui e alla sua abitazione:
Franco Mandelli, pregiudicato pittore bolognese, autodefinitosi collaboratore dei Carabinieri per il recupero di opere d'arte, parente della famiglia Ghisu (sardi di Peretola, a loro volta legati a Francesco Vinci e Mario Sale), telefona alla trasmissione Porta A Porta di Vespa il 26 Settembre 2001 e quindi viene ascoltato in merito da Giuttari il 23 Novembre dello stesso anno.
Mandelli afferma che PierLuigi Vigna è legato al riciclaggio e ha fatto incontri alla sua presenza e a quella di sardi a loro volta collegabili a Pietro Pacciani. Probabilmente preso per pazzo, alzò il tiro rivolgendosi alla giornalista d'assalto Gabriella Pasquali Carlizzi, parlando di manovalanza sarda e di sette esoteriche.
Aggiunse inoltre che il "gingillo" trovato da Perugini nell'orto del Pacciani, lo aveva messo
Giuseppe Barrui, anche lui pastore sardo, legato ai sequestri, condannato a 7 anni per tentata violenza carnale, soldi falsi, furto, sequestro di persona.
Oltre ad avere avuto aiuto da Vigna, secondo il Mandelli questo Barrui aveva venduto la pistola calibro 22 a Vanni e Pacciani e poi aveva incastrato quest'ultimo col proiettile nell'orto.
Ce n'è per tutti i gusti.

Giovanni Calamosca a "Chi L'Ha Visto?" su RaiTre, 11 Dicembre 2001:
"Ho conosciuto Giuseppe Barrui perché trattai con lui cento pecore; stava qui sopra a Bologna. Poi l'ho conosciuto perché sono andato a comprare un montone da lui, che abitava a Comacchio."

Tutti conoscono tutti. Tutti sanno tutto. Prove zero.

Avvocato Filastò, difesa Vanni, 11 Marzo 1998:
"Calamosca vi dice: lui (Francesco Vinci), però, a un certo punto, siccome sa di essere lui il venditore della pistola incriminata, sta sul chi vive, ha paura, viene da me, vuole il passaporto, era tutto teso e tutto il resto. No? É quello che vi è venuto a dire, no. E questo quando? Quando ve l'ha detto il Calamosca? A Ferragosto del 1982. É vero? E questo difensore ha dimostrato che a Ferragosto del 1982 non lo sapeva nessuno che quella pistola era la stessa, che la notizia arriva molti mesi dopo. Ve l'ho dimostrato portandovi i giornali che voi, questa volta, correttamente, avete allegato agli atti. Quindi, il signor Calamosca, tutto quello che vi è venuto a raccontare, da furbastro, perché poi un tipo come Calamosca c'ha sempre qualche cosa da vendere e da comprare lui, eh. Non credete mica che l'abbia fatta gratis questa cosa, Calamosca è un personaggio dentro fino a quassù con i sequestri dei sardi, eh."

E in effetti al Calamosca e alla sua abitazione sono legati nomi di spicco dell'Anonima come Mario Sale, Marino e via discorrendo.
Ed è proprio lui a vantarsi, a processo, di scambi di favori con la Criminalpol (!!!) ma nessuno dei presenti in aula sembra interessato ad entrare nel merito.

Strano personaggio il Calamosca.


La Repubblica del 7 Aprile 1985 (Rontini e l'investigatore)
26 Giugno 1997 (Michele Giuttari su Calamosca)
23 Gennaio 1998 (Avvocati su quanto dichiarato da Calamosca)

La Repubblica del 23 Luglio 2014 (morte di Calamosca)