sabato 31 marzo 2018

Telefono e Fumetti

Appunto n. 21

TELEFONO

Vicchio, 29 Luglio 1984.

Ore 21:05
Pia Rontini, 18 anni, esce di casa e si reca dal fidanzato Claudio Stefanacci, 22 anni.

Ore 21:15 circa
I due ragazzi escono a fare un giro in macchina.

Ore 21:45
Due testimoni, da posizioni differenti, sentono 3 colpi di arma da fuoco succeduti da altri 2 colpi, provenienti dalla Boschetta.

RELAZIONE DI SERVIZIO


Io sottoscritto Carabiniere MESSINA Francesco, appartenente alla Stazione di Borgo S.Lorenzo, addetto al Nucleo Operativo, in data 29-7-1984, ero stato comandato di servizio alla Centrale Operativa, con turno 20-24 e 00-08.
Durante tale turno di servizio, ho ricevuto le sottoelencate richieste di intervento:


-ore 00,45,
informato telefonicamente, da voce femminile che si qualificava per la signora Stefanacci di Vicchio, che il proprio figlio Claudio, stranamente, ancora non aveva rincasato ed era in compagnia della fidanzata RONTINI Pia;


-ore 03,45,
informato da telefonata anonima del seguente tenore:
"VENITE SUBITO A VICCHIO, LOCALITA' BOSCHETTA, SI SONO TROVATI DUE RAGAZZI MORTI" (fine della telefonata)
-la voce dell'interlocutore era stravolta e affannata-;


-ore 04,28,
informato telefonicamente da persona qualificatasi per il sig. FARINI, titolare del panificio Sagginale, che nell'omonima frazione si era verificato un incidente stradale senza feriti, nel quale erano coinvolti un autotreno ed un furgone.
-inviata un'autoradio con equipaggio composto dai C.ri MAUGERI Pietro e RICCI Giovanni, giunta sul posto comunicava che non aveva trovato alcun incidente- Lo sconosciuto interlocutore si esprimeva con accento toscano e dimostrava un'età non giovanile-


Borgo S.Lorenzo, lì 7-8-1984


C/re MESSINA Francesco


E' lecito pensare che la telefonata delle 3 e 45 sia stata effettuata da uno dei ragazzi che si era impegnato nelle ricerche della coppia.
Anticipa di pochi minuti un'altra telefonata, stavolta ai carabinieri di Pontassieve, ai quali viene comunicata la stessa triste scoperta.
Direi giusto il tempo di tornare alle rispettive abitazioni o trovare una cabina telefonica.
Quindi i corpi di Pia e Claudio sono stati trovati prima delle 3 e 45.

Ore 04:10
Arriva sul posto il maresciallo Polito di Vicchio.

Ore 04:20
Arriva sul posto il comandante Sticchi di Pontassieve.

Ore 05:00 circa
Arriva sul posto il magistrato Canessa.

La telefonata delle 4 e 28 però è diversa da tutte le altre. Molto diversa.
Chi l'ha fatta non era il testimone involontario di un incidente automobilistico ed è difficile ritenerlo un mitomane, vediamo perché analizziamo tutte le informazioni che l'anonimo interlocutore lascia - volontariamente - ai carabinieri di Borgo.

- uomo
- toscano
- non giovane
- signor Farini
- panificio
- frazione Sagginale
- incidente con autotreno
- no feriti

Il signor Farini fa pensare a un triste gioco di parole con il mestiere che dice di praticare.
Non è così. O meglio, lo è, ma solo in parte (lo capirete dopo aver letto l'analisi del fumetto).
Da sei mesi, precisamente dal 26 gennaio 1984, in galera con l'accusa di essere il "mostro di Firenze" c'è un certo Piero Mucciarini.
Non è il solo, a dire il vero, ma in questo contesto spicca rispetto agli altri nomi noti perché fa proprio il fornaio.
E nonostante l'omicidio di Vicchio, resterà in carcere altri due mesi, fino al 2 Ottobre 1984.
Mucciarini abita e lavora a Scandicci e per muoversi può contare solo sulla bicicletta, non avendo mai conseguito la patente di guida.
E il vero mostro colpisce a Vicchio, dalla parte opposta di Firenze, lontano da Scandicci, lontano dal fornaio che in quel momento è in galera accusato di essere l'autore dei delitti.
A 60 chilometri di distanza. Sia chiaro a tutti che il mostro, quello vero, può colpire ovunque nella provincia fiorentina, da una parte e dall'altra!
Ci viene poi indicata la frazione Sagginale, dove le attività commerciali attualmente sono soltanto tre: due trattorie e una pelletteria. Tenetela a mente. Nota bene: purtroppo non ho ancora scoperto se questa pelletteria esisteva già nel 1984. Sarebbe un bel colpo in "ottica fumetto".
Comunque, da Borgo se si prende la Sagginalese si arriva fino alla Boschetta. Potrebbe essere un'indicazione per le ricerche, "andate in quella direzione".
Ma, ipotizzando questo, significa forse che il mostro alle 4 e 28 non sa ancora che i ragazzi sono stati ritrovati?
Sono trascorse 6 ore dal duplice omicidio.
Dal ritrovamento dei corpi 45 minuti.
Di ipotesi se ne possono fare innumerevoli. Il mostro che assiste alle ricerche e poi fugge a casa quando imboccano la direzione giusta, impiegando quei minuti per tornare a... Scandicci? Il mostro che addirittura partecipa alle ricerche in prima persona e rimane lì fino all'arrivo del comandante Sticchi e prima di incrociare Canessa, per poi tornare a casa a fare la simpatica telefonata. Un'analisi approfondita la trovate nel libro di Valerio Scrivo, che consiglio. Ne aggiungo una mia: rimane nascosto dall'altra parte della Sieve (quattro metri che si attraversano senza bagnarsi le scarpe, d'estate) e osserva tutte le operazioni con un binocolo.
Oppure più semplicemente l'anonimo non c'entra niente con la vicenda e questo appunto non ha senso (probabile, probabilissimo).
Infine, la telefonata si chiude rassicurando che no, non ci sono feriti.
Dice il vero, non sono feriti, sono morti.
Non c'è nessuno da soccorrere. Nessuno da salvare. Nessuno che può ancora parlare.
Questa voglia di giocare con gli inquirenti avrà il suo culmine nel delitto successivo, l'ultimo del mostro.



FUMETTI

Basta la prima tavola per capire che questo giornaletto può interessarci:
"Una sera, sulle colline nei dintorni di Firenze..."
E' chiaro che la storia che leggeremo prende spunto dai fatti di cronaca della provincia fiorentina.
E' meno chiaro se la storia a fumetti a sua volta diventerà fonte di ispirazione per l'autore materiale degli omicidi di cui ci occupiamo o per sedicenti burloni armati solo di cornetta a marchio Sip.
Il fumetto in questione, nel tipico formato "alla Alan Ford" ma dai contenuti ben più violenti, è il numero 3 della collana "Attualità Gialla", pubblicato nel Gennaio 1982 dalla "Edifumetto" di Milano, la nota casa editrice "dello squalo", così come la chiamavamo da ragazzi.
All'interno vi sono tre storie, quella che ci interessa maggiormente è la prima che dà anche il titolo al volumetto:

"L'ASSASSINO DEL BISTURI
Chi è il misterioso mostro che uccide con il bisturi e asporta il pube alle ragazze?"

Purtroppo non ci è dato sapere chi ha scritto la storia né chi l'ha disegnata, perché in questo genere di pubblicazioni gli artisti preferivano non comparire per motivi professionali.
Ma cerchiamo di inquadrarla cronologicamente.
Fino al Gennaio 1982 il mostro era ritenuto colpevole dei seguenti duplici omicidi:

- 14 settembre 1974, Rabatta (Borgo San Lorenzo), vittime Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini, primo utilizzo dell'arma bianca per infierire su entrambi i corpi, successivamente si accanisce sul corpo della ragazza con quasi cento coltellate, atto finale del tralcio di vite nella vagina, nessuna traccia di sangue sul tralcio

- 6 giugno 1981, Mosciano di Scandicci, vittime Giovanni Foggi e Carmela De Nuccio, asportazione del pube

- 22 ottobre 1981, Le Bartoline (Travalle di Calenzano, Prato), vittime Stefano Baldi e Susanna Cambi, asportazione del pube, ferite al seno sinistro

Gli autori del fumetto quindi, traggono spunto da questi tre fatti di cronaca per delineare il loro assassino. Il collegamento col '68 infatti arriverà solo dopo Baccaiano, nell'estate del 1982.
Considerati i tempi necessari alla realizzazione della storia, dei disegni e infine alla pubblicazione, è probabile che gli autori si siano messi al lavoro subito dopo il duplice omicidio delle Bartoline, cavalcando l'onda dello sgomento mediatico.
Quando irrompe nelle edicole il giornaletto, per chi scrive, il vero mostro sta ancora mettendo a fuoco la sua fantasia infernale.
Ha iniziato a interagire con la vittima femminile nel '74, ha compiuto l'asportazione del pube nell'estate dell'81, si è ripetuto in autunno aggiungendo un interessamento per il seno sinistro.

"E' pieno di guardoni!"
"Ma la polizia non fa niente?"
"La polizia ha ben altro a cui pensare."
"Ogni tanto ne beccano uno ma dopo qualche giorno lo fanno uscire... sono troppi!"

Nel fumetto, una giovane coppia si apparta in auto ad amoreggiare, in una piazzola piena di guardoni che litigano e addirittura pagano per i posti migliori.
A pagina 11, iniziamo a fare la conoscenza di due di questi "indiani":
Angelo Farini, professione tagliatore di pelle, è sposato e padre di famiglia, ma non sa che sua moglie ha già capito quali sono le sue attività notturne.
Alberto Rosa è l'amico con cui condivide questa passione, per loro ormai da anni irrinunciabile.
E' di nuovo sera e i due partono in cerca di una piazzola favorevole, sempre nella provincia fiorentina.

"Non vedo l'ora di sposarti... Sono stufa di far l'amore in macchina!"
"E' questione di poco, ormai: mancano solo due mesi..."

La seconda coppia che compare nel fumetto è chiaramente ispirata a Foggi e De Nuccio, i ragazzi infatti avevano programmato il matrimonio.
Alberto Rosa, ritenendosi soddisfatto dallo spettacolo inconsapevolmente offerto da "Sandro e Francesca" nella loro auto, se ne va a bere lasciando unico spettatore il Farini.
Pochi istanti prima di aver terminato l'amplesso, i due giovani vengono aggrediti da un uomo mascherato, armato di rivoltella, che li uccide.
Il signor Farini è impietrito, nascosto tra i cespugli, impossibilitato a scappare perché ciò significherebbe farsi scoprire dall'assassino.
Il mostro intanto trascina fuori dall'auto Francesca e la spoglia.
Quindi infierisce con una lama su entrambi i ragazzi e poi passa ad asportare i seni e il pube alla ragazza.
"...e il mostro omicida si impadronisce del macabro trofeo!"
"Magnifico!"
Tutto ciò è reso graficamente in modo esplicito nelle tavole del fumetto.
Il vero mostro non ha ancora asportato il seno alle sue vittime, nel fumetto lo fa già. Entrambi i seni.
Farini si sente male, vomita, è disgustato da ciò che ha visto.
Finalmente può scappare e raggiungere l'amico Rosa che lo attende in auto, entrambi bevono un goccio mentre Farini si confida.
"Ah, erano spari? Li ho scambiati per petardi..."
I cadaveri vengono scoperti da un contadino la mattina seguente. La polizia ritiene che l'autore possa essere un chirurgo, un macellaio o un infermiere. Si concentrano sui guardoni, ritenendo che il mostro si annidi tra loro.
Farini è conosciuto come guardone, quindi concorda con Rosa di riferire di essere sempre rimasti insieme (in realtà sappiamo che non è così).
La polizia non lo ritiene l'autore materiale del delitto, ma lo sbatte comunque in galera sperando che ciò lo porti a confessare quanto a sua conoscenza.
Il suo nome finisce in prima pagina.
Lo stesso giorno, Rosa riceve una telefonata dal mostro che lo minaccia:

"Così hai intenzione di scagionare il tuo amico, eh? Ti avverto. Se ti azzardi a dire che la sera del delitto Farini era con te, puoi ordinare la bara! Farai la fine di quei due sulle colline di Firenze!"

Frasi ad effetto, forse già sentite da chi ha seguito la vicenda processuale anche dopo la condanna dei Compagni di Merende.

Rosa cede alla minaccia, sconfessa l'alibi dell'amico che si ritrova quindi condannato per falsa testimonianza e sospettato come mostro.

"Il fatto che lei sia tagliatore di pelle lascia supporre che sappia maneggiare molto bene il coltello... e magari anche il bisturi!"

Nella sua cella, Farini si lascia andare ad una riflessione tanto tremenda quanto razionale:
"Se sto zitto, l'assassino si sentirà al sicuro e ucciderà ancora... E sarò scagionato!"

Vediamo quindi che il testimone dell'omicidio, non ha alcun bisogno di interloquire direttamente con il mostro per sapere come procedere.
Basta tacere e tutto si risolverà - per lui - in modo naturale, evitando ritorsioni contro la sua famiglia (sposato e padre di famiglia).
I contatti diretti, il mostro li ha voluti solo con Rosa, che non è testimone, ma che potrebbe fornire l'alibi e scagionare Farini.
Il mostro vuole Farini in galera finché gli farà comodo, ha in pugno la situazione.

Nella realtà, Enzo Spalletti la sera del delitto del 6 Giugno 1981 stava facendo il guardone assieme all'amico Fosco Fabbri, che poi lo aveva lasciato da solo. La citazione nel fumetto è palese. Anche la telefonata che intima a non far niente. E il fatto che Spalletti resterà in carcere finché non avviene il duplice omicidio delle Bartoline.

"Trascorrono alcuni mesi. Una sera..."

Siamo alla terza coppia di giovani appartati in auto, in una piazzola sulle colline toscane, si chiamano Mario e Stefania.
Effettivamente sono trascorsi alcuni mesi, tra il giugno e l'ottobre del 1981. Il mostro è pronto a colpire di nuovo.
La coppia è consapevole dell'esistenza del mostro ma si sentono al sicuro, perché ufficialmente è dietro le sbarre.
Il punto è proprio questo: finché gli inquirenti sbattono in galera qualcuno additandolo come autore dei delitti, "lui" troverà sempre delle coppiette appartate e potrà proseguire la sua delirante caccia.
Sono in molti a ritenere che gli omicidi venivano commessi di volta in volta per far uscire di galera qualcuno.
Come se non esistesse alcuna fantasia maniacale dietro il mostro di Firenze ma solo la necessità di scarcerare sardi e guardoni.
Non sono d'accordo.
Ma torniamo alla finzione. Il maniaco li sorprende durante l'amplesso, spara, ma non li uccide. Li trascina entrambi fuori dall'auto, anche il Baldi e la Cambi vennero trascinati fuori. Ormai è chiaro che è la notte del 22 Ottobre 1981 anche nel fumetto.
Poi viene ripetuto il "macabro rituale" così come già visto poche pagine addietro.

"A questi ragazzi sono stati inferti oltre cento colpi di bisturi!"
"Dunque il mostro è ancora in circolazione!"

A questo punto gli autori mescolano le carte inserendoci anche le coltellate subìte dalla Pettini nel '74.
A differenza della realtà, si procede spediti verso la conclusione.

"Le incisioni sono state praticate con abilità professionale da una mano esperta."

Farini esce finalmente di galera e ritrova l'amico Alberto Rosa che si scusa per l'alibi mancato e racconta della minaccia subìta.
Intanto gli psicologi interpellati concordano che il maniaco è un individuo frustrato e impotente che placa la sua "felice follia" col sangue delle vittime, forse un chirurgo impazzito. Un tiratore scelto, poche pallottole e tutte a segno. Forse addirittura mangia i feticci.
Vengono sguinzagliati agenti in borghese nel giro dei guardoni.
Dopo alcuni mesi di appostamenti infruttuosi, due finti guardoni sentono degli spari. Viene allertata la centrale.
E' il mostro, ha aggredito un'altra coppia di giovani. L'uomo giace esanime all'esterno dell'auto. Ora il maniaco sta trascinando fuori anche la donna.
Le asporta il pube mentre è ancora viva, ma viene interrotto da alcuni rumori. Sono arrivati gli agenti.
Scappa verso la provinciale a bordo di un'Alfa 2000 di colore blu, inseguito dalle volanti della polizia.
Dal sito Insufficienza Di Prove:
"Il 15 agosto 1982, gli agenti della squadra mobile si recarono nei pressi di Firenzuola, sull'Appennino tosco emiliano, presso il podere Ca' Burraccia, dove nell'abitazione di Giovanni Calamosca arrestarono Francesco Vinci".

Prosegue l'inseguimento sulle tavole del fumetto:
"Si sta dirigendo sugli Appennini!"

Improvvisamente, dietro una curva sopraggiunge un autocarro.
L'auto del mostro sbanda e finisce in un dirupo, esplodendo.
Il corpo è completamente carbonizzato, l'auto risulta rubata. Non sapremo mai chi era il mostro.
Del fumetto.

"Un mese più tardi, nei dintorni di Prato..."

Un'altra coppia.
Asportazione di entrambi i seni e del pube.

"Il maniaco del bisturi è davvero morto?
Oppure ha trovato un discepolo?"

Fine.

martedì 27 marzo 2018

DNA 1

Appunto n. 20

Ricollegando le rivelazioni di Pacciani del 18 Ottobre 1994 precedenti alla sentenza di primo grado e quanto appreso dalle parole di Giuttari nell'articolo del 2006 e sui suoi libri, oltre all'assoluta certezza dell'imputato di risultare estraneo ai fatti se confrontato con i reperti acquisiti sui luoghi degli omicidi, emerge che qualcuno ben informato si era mosso per aiutarlo ad essere assolto.
Non è detto che l'anonimo fosse materialmente in possesso dei reperti, anche se Giuttari ci dice che i risultati delle analisi erano assenti nei faldoni dell'inchiesta e il materiale fu trovato per caso da uno dei suoi agenti all'interno di un fascicolo, ma comunque questo sconosciuto è informato circa le prove raccolte e - cosa ben più inquietante - i risultati delle perizie effettuate che scagionerebbero il contadino di Mercatale.
Teniamo presente che siamo in una fase processuale in cui i Carabinieri, così come la difesa Pacciani e l'avvocato di parte civile Santoni Franchetti, propendono per la Pista Sarda e l'estraneità del contadino.
Nonostante queste  clamorose rivelazioni, la situazione non si smuove di una virgola e Pacciani scivola verso la condanna.
Reperti con tracce biologiche probabilmente dell'imprendibile assassino, richiesta di confronto col DNA dell'imputato, prove e perizie che spariscono e ricompaiono, niente sembra essere importante, almeno ricostruendo quei giorni da un punto di vista esterno.


Pietro Pacciani:
"Gli ho anche qui un coso, gli ho fatto degli appunti di tutto quello...
C'è questa lettera appunto dell'anonimo, ma ce n'è diverse di quelle lettere comunque e ce n'è una che parla di questi trucchi che potevan fare e l'hanno presentata, l'hanno mandate... anche al Ministero l'hanno... Questo l'hanno mandato una copia alla Repubblica, una copia a Renzo Ventura, all'ora c'avevo Renzo Ventura d'avvocato, una copia a Pietro Fioravanti, una copia al dirigente della SAM e una copia a La Nazione in Via Palunieri 12.
E qui dicano, giusto, lo chiedo io alla signorìa vostra, ma lo chiessi già, lo chiessi già questo fatto, chiedo l'analisi dì DNA, perché chiamai la Magistratura apposta, vennero, non è stata fatta.
Io una volta, per dimostrà la mia innocenza, l'impronte digitali, la cosa, l'analisi dì DNA, tutto quello che c'è di bisogno.
E lo dice anche qui, questo, quest'anonimo: c'ha dei fazzoletti intrisi di sangue e gli ha fatto fare, dice, l'analisi, il DNA, e l'è in possesso suo, questo qui.
E glienno in possesso suo insomma, questi qui.
E poi c'è, viene dalle unghia, non so, trovonno dei... della pelle di questa colluttazione di questo ragazzo giovane, no, che ci fu la colluttazione e gli trovonno della pelle nell'unghie.
Insomma gli è stato fatto questo.
Io voglio il DNA.
Mi sia fatto in presenza a voi, qua, per dimostrà la mia innocenza.
Io sono stato a operammi a Pisa e so il gruppo che ho io.
E' giusto? Lo so.
Però dovete vedello voi stessi davanti alla Corte.
Bhe, io... Io le voglio presentare queste... Se lei, voialtri vu lo permettete, questi documenti..."

Pubblico Ministero:
"Gradirei vederli, Presidente..."

* voci fuori microfono *

Presidente:
"Allora, lei ci consegna tutte queste carte alle quali ha fatto riferimento.
Allora, aspetti eh.
Questo è un... sì... Questa è una memoria, a sua firma..
Questa è la lettera anonima..."

Pubblico Ministero:
"Mi sembra che l'anonima non si può prendere."

Presidente:
"Va allegato...
Mostro di Firenze... Sono sempre l'anonimo...
Questo ce lo lascia... Sì...
Queste sono le foto...
Questa è la partecipazione di nozze... Prendo tutto..."

Pietro Pacciani:
"La letterina che si parla, appunto gli è di questa figliola che l'8 Settembre si andette alla festa a Cerbaia più altro per saluta' codesta figliola. E di codesti blocchi ce n'è un'infinità a casa mia e li raccattavo tutti lì, in questa nettezza. Sì, e trovai tanta di quella roba, l'è ancora lì, si puole anche constatare di persona. E quella avanzata l'ho tutta alla casa mia, lì."

Presidente:
"Vabbè... Poi consegneremo alle parti questa documentazione così che la possano vedere."

Pubblico Ministero:
"Oh, bene."


Pacciani chiede la prova del DNA (AUDIO da 1:46:48)

Giuttari ritrova i reperti (Appunto n. 19)

domenica 25 marzo 2018

Gruppo Sanguigno

Appunto n. 19


In attesa di risolvere i miei ormai cronici problemi con YouTube, riporto un lungo articolo che racconta l'operato di Michele Giuttari nel 2006. L'aspetto che interesserà anche chi non vede di buon occhio la pista dei mandanti è che ancora una volta rispuntano prove dimenticate nel tempo, sparite senza apparente giustificazione ma che possono fornirci degli elementi utili a ricostruire il clima di quei giorni. Personalmente non ho mai creduto molto a un mostro che si libera di tracce così pericolose nei pressi dei luoghi dove ha commesso i suoi crimini quando contemporaneamente dimostra massima attenzione a non lasciare saliva sulla lettera col lembo di seno. C'è da considerare anche che il ritrovamento avviene a distanza di alcuni giorni da Scopeti e potrebbe essere un tentativo di depistaggio: un pezzo di un guanto da chirurgo con dentro un proiettile H e un articolo di giornale venne spedito sia a Vigna che a Canessa e Fleury.
Queste tre buste minacciose arrivano in Procura dopo che si è diffusa la notizia della macabra lettera col lembo di seno, siamo nei giorni tra il primo e il 5 Ottobre 1985. Contemporaneamente, il 4 Ottobre abbiamo ancora guanti da chirurgo, con sangue di tipo B a ScopetiMa le buste ai magistrati contengono saliva, e si risale al gruppo sanguigno A+.
Giuttari sottolinea la somiglianza del reperto da lui ritrovato con i capelli descritti tra le mani di Susanna Cambi e con quelli tra le mani della prostituta Clelia Cuscito, ex infermiera, uccisa il 14 dicembre 1983, con addosso sangue anche stavolta di tipo B.
E rimarca l'impossibilità che Elisabetta Ciabani si sia suicidata.
NB: il nomignolo "Mister B" viene qui spiegato non come iniziale del cognome di qualche personaggio attenzionato ma semplicemente come "il signore col gruppo sanguigno di tipo B".

Corriere della Sera Magazine
26 Gennaio 2006

Il 4 ottobre 1985 un giovanotto di nome Walter andò a curiosare, con sua sorella, il fidanzato di lei e un cucciolo di cocker, sulla scena dell’ultimo delitto del mostro di Firenze avvenuto qualche settimana prima nel bosco degli Scopeti. Il nastro della polizia delimitava ancora il luogo del crimine. Il cucciolo si infilò dentro un cespuglio molto fitto. Per tirarlo fuori, la sorella di Walter scoprì che nel cespuglio c’era un foglio di carta con dentro un paio di guanti da chirurgo e un fazzolettino di carta macchiato di rosso.
Walter portò tutto dai carabinieri. E non seppe più nulla.
Vent’anni dopo, sempre a Firenze, nell’ufficio del Gides, la squadra speciale che indaga sui delitti seriali, un assistente del commissario Michele Giuttari trova in uno dei faldoni che racchiudono la lunga storia del mostro, e che erano stati appena tutti riuniti nella sede del Gides, una busta con un fazzolettino macchiato di rosso e un pelo
Dall’incartamento risulta che era stata richiesta (e anche pagata) una perizia di cui non c’è traccia. Gli investigatori ne scovano una copia all’istituto di Medicina Legale.
A mezzanotte di quel giorno, che potrebbe rivelarsi fondamentale nella storia della caccia al mostro, il commissario Giuttari, disteso sul divano di casa sua, legge la perizia del professor Cagliesi. Quelle macchie rosse sul fazzolettino sono di sangue umano e precisamente di gruppo B (un gruppo abbastanza raro) e anche il pelo è umano, un frammento di 2 centimetri di un capello castano, liscio.
Giuttari segue da dieci anni il caso del mostro che uccideva le coppiette e tagliava via parti intime dal corpo della vittima femminile. stato lui a scoprire che Pietro Pacciani non era solo a commettere gli omicidi ma era affiancato da Mario Vanni, il postino diventato celebre per l’espressione "compagni di merende", e da Giancarlo Lotti. In dieci anni Giuttari ha imparato a memoria tutto quello che c’è da sapere sul caso. E, quando legge nella perizia del sangue di gruppo B, si ricorda subito che il gruppo sanguigno delle ultime due vittime del mostro non era quello. E si ricorda ancora che nessuno dei condannati o degli indagati della vicenda è di gruppo B.
Invece di quel gruppo era il sangue trovato sui capelli che Clelia, una prostituta uccisa in casa a Firenze nel 1983, teneva stretti nel pugno. Capelli lisci di colore castano che la donna aveva strappato dalla testa del suo assassino. Clelia, tra l’altro, aveva tra i suoi clienti Mario Vanni, il compagno di merende, e il suo cadavere era stato ritrovato in una posa simile a quella con cui il mostro di Firenze ha atteggiato, quando ne ha avuto il tempo, i corpi delle vittime. Giuttari ricorda ancora che una delle ragazze uccise dal mostro (Susanna Cambi) stringeva anche ella in mano un ciuffo di capelli che non appartenevano al fidanzato ucciso assieme a lei, e che erano di colore castano. Questa svolta nella ormai più che trentennale storia del mostro di Firenze l’ho appresa dall’ultimo libro di Michele Giuttari, ”Il mostro di Firenze. Anatomia di un’indagine”, appena pubblicato da Rizzoli. Ora la storia del mostro di Firenze mi è cara, anche se vi parrà strano che usi una espressione simile per una faccenda del genere, ma chiarirò poi perché, e perciò, appena finito di leggere il libro, sono andato nella capitale toscana a trovare l’autore. Pensavo che Giuttari ormai si fosse dedicato alla sua nuova e fortunata carriera di scrittore di romanzi gialli e fosse impegnato nella prossima avventura del suo commissario Ferrari (già diventato un beniamino dei lettori, non solo italiani).
Sapevo che Giuttari aveva avuto qualche incidente di percorso (screzi con i magistrati, dissapori con i vertici della stessa polizia) e che non era più il Capo della Mobile di Firenze. Sapevo, inoltre, per averne scritto su questo giornale (sulla scorta delle indagini del pm perugino Giuliano Mignini e del libro di Diego Cugia Un amore all’inferno), che sulla più clamorosa serie di delitti della storia italiana non era ancora calato il sipario.
C’era l’incredibile vicenda di Francesco Narducci, il gastroenterologo di Perugia, bello, ricco e di successo, e della sua complicata morte: annegato durante una gita in motoscafo sul Lago Trasimeno secondo la versione ufficiale; giustiziato per avere avuto a che fare con l’affaire del mostro di Firenze (come acquirente dei feticci asportati alle ragazze uccise?) secondo un’altra versione che avanzava pure l’ipotesi di una sostituzione di cadavere.
Ma non mi aspettavo la comparsa di un altro personaggio sulla scena dei delitti, di questo Mister B., non saprei al momento chiamarlo diversamente.
"In tutta questa storia c’è una persona che non è mai emersa. Ha i capelli castani, il sangue di gruppo B, le mani piccole (perché i guanti da chirurgo erano della misura numero 7). Era sul luogo dell’ultimo delitto, deve essersi ferito, ha levato i guanti (ritrovati rovesciati), ha tamponato il sangue con un fazzolettino, ha infilato tutto nel cespuglio a pochissima distanza da dove fu trovato il corpo della vittima maschile di quell’agguato.




Mi sembra una buona pista. Ma mi chiedo: c’è ancora voglia di percorrerla?". Seduto sul divano di casa sua in una via della vecchia Firenze, lo stesso dove a tarda notte il commissario lesse sgomento la perizia del professor Cagliesi, davanti a una guantiera di dolci di marzapane e pasta di mandorle appena arrivati dalla Sicilia e a una tazza di caffè preparato dalla moglie tedesca, Christa, ascolto dalla voce di Giuttari quello che ho letto nel suo libro. Sarà per la presenza del divano, il racconto di Giuttari assume quasi una forma psicoanalitica, quella che mi propone non è solo la storia (tecnicamente perfetta, da fare invidia ai maestri dell’Fbi) di una tormentata e difficile indagine, ma è, freudianamente parlando, una interpretazione degli incubi disseminati negli anni da questa vicenda.
Tanti hanno provato a raccontare la storia del mostro, ma nessuno era riuscito, come fa Giuttari, a darne un resoconto così chiaro ed esaustivo. Il suo libro è, come lo intitolerebbero gli anglosassoni, ”The Complete Mostro di Firenze”, ”The Ultimate Mostro di Firenze”. Resterà negli annali.
Dicevo che questa storia mi è cara, lo dico nel senso che ero studente a Firenze quando il mostro colpiva, quei fidanzati uccisi e mutilati erano miei coetanei. Mentre io leggevo all’università i padri del Dolce Stilnovo, i poeti fiorentini che avevano angelicato l’amore in versi come "Amor, che al cor gentile ratto s’apprende", quel "cor gentile" lo ritrovai una mattina sulla prima pagina del giornale nel cognome di una delle vittime del mostro, il povero Pasquale Gentilcore, 19 anni, ammazzato con Stefania Pettini il 15 settembre del 1974. C’era un bruto antistilnovista che, nella città che aveva cantato l’incanto divino dell’amore, trucidava innocenti coppiette.
E più tardi mi era capitato di seguire da cronista le gesta del mostro, di coprire (come si dice in gergo) il primo processo a Pacciani, di conoscere lo stesso Pacciani che si apriva la camicia sul petto per farmi vedere il grande cerotto che portava all’altezza del cuore, lamentando con voce piagnucolosa che era malato e poi di colpo, accennando con la testa a un collega che passava di lì, autore di pezzi colpevolisti nei suoi confronti, brontolava minaccioso: "Icché cerca? Buio", il modo fiorentino di dire che uno va a caccia di guai. E di questa storia mi era rimasta la sensazione, dopo processi e condanne, che Pacciani non potesse essere anche il beffardo mittente del pezzetto di seno di una delle vittime spedito all’unico magistrato donna, Silvia Della Monica, che seguiva il caso.
Né potesse essere Pacciani il protervo sfidante che faceva pervenire ai tre magistrati che indagavano sui delitti (Vigna, Fleury e Canessa), tre proiettili, uno a testa, contenuti in tre dita di guanti di gomma. Quante cose restavano fuori dalla verità processuale!
Restava fuori, soprattutto, il senso finale della faccenda, l’interpretazione dell’incubo.
A un certo punto sembrò che il significato ultimo stesse nel delirio sessuale di cui fu preda un vasto gruppo di abitanti dei dintorni di Firenze tra i Settanta e gli Ottanta. Ne veniva fuori una specie di Rapporto Kinsey dei costumi sessuali del contado fiorentino. Gli esempi sono infiniti.
Giovanni Mele, uno degli imputati di essere il mostro, che, come raccontava una sua amante, Jolanda, "amava andare a fare l’amore in un vecchio cimitero" e le parlava spesso "della tecnica dell’incaprettamento".
Salvatore Vinci, fratello di Francesco (anche lui imputato di essere il mostro e che poi morì incaprettato), che viene descritto dall’amante Ada come un super-eroe del sesso. Eccolo impugnare un vibratore, lubrificarlo con sapone, e rivolgerlo contro se stesso. Spesso la tecnologia lascia il posto all’ecologia. Un cetriolo fa le veci del vibratore oppure "uno zucchino avvolto in un perservativo". Ada non racconta balle. Durante una perquisizione i carabinieri trovano in casa di Salvatore: un cetriolo verde nell’armadio in camera da letto ("il posto del rinvenimento è indicativo della sua destinazione e certamente non è conservato per l’insalata", annotano i carabinieri nel verbale); un vibratore "poggiato sul comò"; un attrezzo tipo clistere; "uno zucchino in avanzato stato di decomposizione". L’uomo non è di legno e neppure i carabinieri, i quali annotano nel rapporto: "A questo punto non si sa se abbandonarsi per un momento all’ilarità più completa o meditare con profonda commiserazione sulle bassezze umane".
Il Rapporto Kinsey del contado fiorentino non finiva qui (il Dolce Stil Novo, sì).
La prostituta Gabriella, che la domenica pomeriggio riceveva nella sua casa fiorentina Giancarlo Lotti e altri compagni di merende arrivati appositamente in corriera da San Casciano, raccontò che una volta, nel corso di una di queste gite, a Mario Vanni "sul pullman della Sita, gli era caduto di tasca un vibratore con l’interruttore acceso e tale episodio esilarante, alla presenza di altri suoi compaesani e altri viaggiatori, lo aveva reso ridicolo". Erano gli anni dell’edonismo reaganiano e forse questa ne era una traduzione in vernacolo. Altri episodi del Rapporto Kinsey invece non fanno ridere, raggelano. Lotti raccontò che un giorno era a casa di Pacciani e questi, di colpo, "cominciò a toccarmi con le mani e mi disse: ”Spogliati”... Io di fatto non riuscii a andare via perché anche se era più basso di me era più forte... Mi prese la paura e mi toccò subire... Si tirò giù i pantaloni e mi toccò farlo anche a me, questa è la verità. Per farlo mi fece piegare". Era dunque, quella del mostro di Firenze e accoliti, una commedia pecoreccia (secondo un genere che è sempre stato di punta nel cinema italiano) con risvolti tragici? stata anche questo, conferma Giuttari nella sua inchiesta, ma non solo. C’è un altro livello oltre quello dei compagni di merende, ed è ancora più oscuro. il livello satanistico, esoterico. Giuttari l’ha ricostruito con pazienza. La prima intuizione la ebbe quando seppe che in casa di Pacciani c’erano dei fogli di quaderno scritti a mano con ricette di magia nera:

"Per fare una magia a morte prendere osso di un morto dal camposanto, polverizzarlo e benedirlo in chiesa con l’acqua santa, impastarlo poi in un dolce o in un bicchiere di vino, porta la vittima alla morte o alla pazia (pazzia)".

Poi scoprì le sedute spiritiche che si facevano nella casa colonica, che si trovava proprio nei pressi del luogo dell’ultimo delitto, del mago Salvatore Indovino (non era un cognome d’arte, si chiamava proprio così).
Gabriella, sempre lei, che non partecipava alle sedute (dove: "Prima facevano le carte, poi si davano all’alcol e alla fine facevano le orge"), ma frequentava la casa, raccontò che spesso aveva notato le tracce lasciate da quelle riunioni: "Candele spente, croci di carbonella combusta, preservativi, bottiglie di liquori vari vuote, nonché un cartellone appoggiato sul tavolo contenente tutte le lettere e numeri". Un cartellone come quello fu trovato in casa Pacciani (frequentatore, come gli altri compreso Narducci, del mago Indovino). E il mago una volta aveva spiegato a una donna come lui faceva i filtri d’amore.
Dunque, per unire per sempre una coppia c’era bisogno di "una foto e un pezzo di tessuto di indumento dell’uomo, del secreto vaginale e di peli pubici della donna.
Per compiere la magia la donna doveva convincere l’uomo a fare l’amore in un luogo aperto e in auto, e comunicare al mago la sera, il luogo e l’auto che avrebbe usato". Osserva Giuttari: "Sono dettagli che richiamano in modo impressionante la dinamica dei delitti del ”mostro”: qualcuno che sa in anticipo quando, dove e in che macchina si troverà una coppia a fare l’amore".
L’avvocato Fioravanti, difensore di Pacciani, una volta dichiarò che a compiere i delitti era stata "una frangia impazzita di certo satanismo che prevede il sacrificio proprio nel fatale momento dell’orgasmo... I sacrifici migliori per evocare i demoni sono quelli degli esseri umani e la morte più favorevole è quella che avviene durante l’orgasmo ed è chiamata mors justi".
Era farina del sacco di Pacciani? La traccia del satanismo Giuttari l’ha inseguita fino alle ultime conseguenze. Ecco alcune intercettazioni telefoniche effettuate a Perugia nel corso delle indagini sulla morte di Narducci (avvenuta poche settimane dopo l’ultimo delitto seriale).
Oggetto delle minacce è una teste, autori delle minacce un uomo e una donna (o due) che si alternano alla cornetta camuffando la voce con un timbro a volte falsamente infantile:

"Tu e la tua famiglia dovete morire... tuo figlio, con quella bella testolina tutta rossa... per il nostro signore Satana, verrà sacrificato sulle colline del Mugello... Ci vai dal tuo ciarlatano? Sì, noi ti aspettiamo, siamo già lì, dal tuo ciarlatano. Farà una brutta fine... La sua testa sarà portata e seppellita nelle colline di Firenze... dove c’è anche quel bastardo di Pacciani... era un nostro servo ma ha tradito... Ricorda il dottore amico di Pacciani... I traditori Pacciani e il grande medico... Narducci... finito nel lago strangolato... Presto per te arriveranno le tenebre di Satana... La polizia a noi non ci fa niente... tu morirai. importante che qualcuno di noi, e siamo tanti, lo faccia... puttana... scimmia... gallina!".

Pacciani in un memoriale del 1996 scrisse che "il vero mostro ha colpito altre cinque o sei volte mentre io ero in carcere... Il mostro è un diavolo assassino, carogna, che odia le povere donne, un maledetto, che Dio lo bruci nell’inferno per tutta l’eternità".
Gli assassinati a cui si riferisce il contadino sono, tra gli altri, Francesco Vinci e la sua amante (e vicina di casa del Mago Indovino) Milva Malatesta, trovata carbonizzata dopo uno strano incidente stradale con il figlio di tre anni. Nomi già apparsi nel rapporto Kinsey: Milva era la figlia di Antonietta Sperduto variamente violentata negli anni da Pacciani e Vanni; il marito di Antonietta e padre di Milva si impiccò la vigilia di natale del 1980, strana impiccagione perché i suoi piedi toccavano terra. E ci sono altre morte ammazzate, tra cui Clelia, quella che stringeva in mano il ciuffetto di capelli castani con tracce di sangue di gruppo B. E poi Gina, Giuliana, Giuseppina, Luisa... Il catalogo continuerebbe.
In questo scenario, in cui nulla purtroppo è lasciato alla fantasia, appare nella veste del Gran Sacerdote quello che, con ogni probabilità, è il misterioso Mister B.
E' stata la donna vittima delle minacce telefoniche riportate sopra a raccontare che gli anonimi che la chiamano le hanno parlato di un "Gran Sacerdote della setta che risiede a Firenze".
Forse a Firenze non hanno più tanta voglia di sentir parlare di questa storia. Qualche magistrato se ne è dissociato apertamente. All’apertura dell’anno giudiziario 2003, il procuratore generale Gaetano Ruello ironizzò sul lavoro di Giuttari: "E si continua a indagare sui delitti del mostro di Firenze e su fatti che sembrano a esso connessi: con la prospettiva di veder condannato, quando sarà, qualche arzillo novantenne".
E il procuratore Ubaldo Nannucci ha parlato di "illazioni" e ha avuto scontri sia con Giuttari (a cui revocò l’indagine su alcune salme sfregiate all’obitorio dell’ospedale fiorentino di Careggi), sia con il pm perugino Mignini. Perfino Paolo Canessa, pm storico dell’inchiesta sul mostro, non è più in buoni rapporti con Giuttari.
E non parliamo delle tante volte che la Direzione Centrale del Personale del ministero dell’Interno ha cercato di trasferire Giuttari.
Per un anno e mezzo è stato di fatto disoccupato. Ne ha approfittato per scrivere i suoi gialli: "Mi sono trovato in una di quelle situazioni in cui o si sfascia una famiglia, o ci si ammala, o si trova una alternativa. La mia alternativa l’ho trovata nella scrittura".
La storia del mostro di Firenze non è ancora da mandare in pensione. C’è da scrivere l’ultima pagina.
Lo dobbiamo alle vittime, lo dobbiamo alla pietà che si deve provare per quei ragazzi, una fedeltà nella pietà simboleggiata dal cane di Pia Rontini, una delle ragazze uccise, che era bella e solare. Nella piazzola dove fu ammazzata ci sono delle croci a ricordare lei e il suo ragazzo. I genitori di Pia andavano spesso davanti a quelle croci con il loro setter inglese che "si metteva vicino alle croci e non faceva avvicinare nessuno, neppure loro".
Chiedo a Giuttari se per caso non si è innamorato dell’inchiesta e non si rassegna a capire che è finita.
"Ma stiamo scherzando?", è la sua risposta.
Poi si alza dal divano, accende il computer, mi mostra la foto del corpo straziato di Elisabetta, una ragazza fiorentina di 22 anni trovata morta in un residence in Sicilia dove era in vacanza con la nonna. "Disse alla nonna che andava su in terrazza ad appendere la biancheria che aveva lavato. L’hanno trovata così". Guardo la foto e non ve la descrivo. Dico solo che non può essere stato un suicidio, come è stato archiviato, nessuno può umanamente compiere una tale macellazione di se stesso con un coltello da cucina. Elisabetta entra, senza esserlo stata, nella serie dei delitti delle prostitute, nel periodo di maggiore attività del mostro, dall’81 all’84.
"Quando probabilmente furono eliminati possibili testimoni", dice Giuttari. Elisabetta aveva lavorato in un albergo di Perugia... Dice ancora il commissario: "A tutte le vittime dobbiamo la verità completa su quello che è loro accaduto". E la verità completa sta molto probabilmente in questo identikit: "Capelli castani, sangue di gruppo B, mani piccole".
Chi ha paura di Mister B.?

a firma: Antonio D’Orrico

sabato 24 marzo 2018

AUDIO RESTAURATO - La Storia secondo Pacciani

Appunto n. 18

Primo audio restaurato che pubblico.

Processo Pacciani, dichiarazioni spontanee dell'imputato, 18 Ottobre 1994.

Aggiornamento 1:
Alzo le mani.Anche stavolta, segnalato e bloccato a tempo di record, motivo: tentativo di diffondere messaggi ingannevoli da parte mia (?).Ban immediato e blocco dell'account per tre mesi.A chi ho dato noia non lo so.Mi arrendo, hai vinto.
...no, non è vero.


Aggiornamento 2:
Tornato online dopo ulteriori accertamenti. Meglio così.



I capitoli:

1 - L'infanzia 01:52
2 - Miranda Bugli e l'omicidio 03:50
3 - Le figlie 05:48
4 - Il processo per le figlie 11:00
5 - Padre di famiglia 13:00
6 - I lavori di Pacciani 16:28
7 - Chi è il mostro? 20:18
8 - Il cibo dei cani 22:15
9 - Guardone 23:50
10 - Le perquisizioni 25:40
11 - La cartuccia 30:08
12 - Il tira e molla 44:15
13 - Una lettera anonima 46:30
14 - La Ford nuova 47:14
15 - Il meccanico 51:11
16 - Il testimone nega 55:03
17 - I carabinieri 57:15
18 - La Sperduto 1:00:23
19 - Testimoni di Scopeti 1:11:13
20 - Il motorino 1:12:50
21 - Le auto di Pacciani 1:17:26
22 - Il Nesi 1:19:48
23 - Le poesie 1:24:41
24 - La pistola 1:26:30
25 - Coppia 1:32:30
26 - Farmaci 1:36:25
27 - Mostro maledetto 1:37:44
28 - Un'altra lettera anonima 1:38:42
29 - Il blocco da disegno 1:40:00
30 - "Chiedo l'analisi del DNA" 1:46:48

giovedì 15 marzo 2018

il Lembo di Seno

Appunto n. 16

Processo Pacciani, 25 Ottobre 1994

Avvocato difensore Rosario Bevacqua:

"Questa richiesta che formulo, la formulo anche perché io non mi appago in alcun modo delle disinvolte conclusioni sul punto, sia delle parti civili come della pubblica accusa.
Sul punto di questa lettera, vedano, la gente forse non lo sapeva. Non perché la gente conti, ma la gente conta. La gente conta quando si è antipatici e quando si è simpatici. La gente conta perché la gente deve sapere le cose. La gente deve sapere che per esempio il nostro amico Pacciani a suo tempo non fu soltanto lui l'omicida, ma furono in due. Furono in due perché c'era anche l'istigatrice.
La gente deve sapere per esempio che questo lembo di seno di quella poveretta fu escisso in un certo modo e fu oggetto di particolare attenzione da parte dell'assassino. E la pagina che riguarda, anzi, il fascicolo che riguarda queste modalità esecutive è il numero 59 all'udienza del 4 Luglio '94. Noi molte volte signor Presidente, loro attentissimi, qualche volta io sono stato distratto perché la mole era tanta delle cose a cui pensare e quindi probabilmente non sono stato incisivo come avrei dovuto e voluto essere quando si è trattato di questa ricostruzione del fatto da parte del dottor Marini, del dottor Bartolini e del dottor Cagliesi.
Però questi c'hanno detto alcune cose importanti. C'hanno detto innanzitutto che il tessuto era un tessuto mammario. Gruppo A come quello della Mauriot, quello che è stato trovato. Che i due tessuti coincidevano perfettamente, pagina 12, 13 e 14. Che il tessuto da indagare della Mauriot coincideva sia sotto il profilo del tessuto adiposo che connettivale! E ci fece una spiegazione ben precisa il perito, dicendo guardate, questo tipo di tessuto, adiposo e connettivale, è quello solo che può consentire una eventuale possibilità di raffronto per vedere, per far coincidere oppure no. Se questo tessuto può coincidere con quell'altro, perché pare - non lo so - che il tessuto mammario sia diverso, sotto il profilo connettivale e adiposo, da soggetto a soggetto. E questo era perfettamente coincidente!
Tagliato con lama tagliente, centimetri 2,8 per 2, era come un francobollo. E i lobuli ghiandolari sono stati, secondo i periti, carte 19, presi con le pinzette. Ora, dico, signori... Ricordiamo il luogo dove accade questo assassinio. Ricordiamo il momento dell'assassinio, sia esso sabato o domenica. E' notte. Vi sono delle radici per terra colorate di rosso, ma è notte. E dove fa questo lavoro con le pinzette? Chi lo fa questo lavoro? Chi lo può fare questo lavoro con le pinzette? L'uomo aduso a zappare? E' una domanda che faccio a me stesso, ma la rivolgo a lor signori, alla vostra intelligenza. E allora, preso con materiale plastico per conservarlo, per conservarlo meglio.
E' la pagina 20, voi non potere ignorare queste pagine al processo. Preso con materiale plastico per conservarlo meglio. Persona che sa come si conserva la carne, un tipo di carne, ma addirittura un tipo particolare di carne. Perché? Perché? Ha fatto così perché non si sia dispersa la base acquosa. Pagina 22: non frammenti di epidermide, tessuto adiposo e di ghiandola mammaria. L'assassino vuole a tutti i costi che la persona a cui sarà inviato questo lembo di seno, abbia la possibilità di poterla confrontare. Perché deve sfidare la legge, deve sfidare la giustizia, deve sfidare chi indaga che è guarda caso proprio allora una donna. Pubblico Ministero donna.
Modificazione di carattere ormonale dei tessuti adiposi tra soggetti diversi. Non pelle, ma non interessa ai fini della identificazione. Tessuto mammellare coincideva. Lembi molto netti, nessuna impronta sul cellophane. Oh, vi rendete conto, signori? Un assassino normale, il quale deve fare questo lavoro, il quale deve ritagliare le lettere della busta, il quale a un certo punto ha delle lettere che se ne mette un'altra B gli va a finire da un'altra parte e quindi vabbè, tanto repubblica va così. Il quale si porta dietro, o comunque ha già preparato la lettera. Il quale comunque in ogni caso in questa creazione di documento, di messaggio, non lascia traccia di nessun tipo. Nessun tipo! Non lascia traccia sui lembi di plastica, non lascia traccia sui francobolli, non lascia traccia sulla chiusura della lettera, non lascia traccia neppure sulla attaccatura di queste lettere perché sono attaccate con la destrina e addirittura i lembi della lettera sono chiusi con l'u-uh. U, u, acca.
E allora signori, un momento. Chi ha ucciso ha sicuramente ucciso imbrattandosi di sangue. Si è riempito di sangue. Prima, durante e dopo. Prima quando ha accoltellato quel povero disgraziato, quando l'ha preso e l'ha buttato così, come se fosse una povera cosa e ormai tale era diventata sulla destra dell'inizio di questo boschetto. Dopo, quando ritorna giù e va in questa maledettissima tenda a girare il corpo della povera Mauriot, le taglia il seno, le taglia il pube, con quelle caratteristiche modalità di esecuzione. Cioè tirando via soltanto la pelle, senza neppure prendere un po' di grasso con quella manualità particolare. Addirittura pare che appoggi, così dice nella ricostruzione del sopralluogo, questi due trofei, tra virgolette, vicino alla tenda, dopo di che non sappiamo se lì o altrove taglia questo pezzo di seno. E lo taglia in maniera particolare, perché taglia il francobollo e addirittura raschia la pelle. Ma consente comunque a colui che è il destinatario di questo messaggio, di poterne verificare la compatibilità con quella mammella. Ecco, questa è la realtà. La realtà, la più logica delle realtà del processo. Una realtà che voi non potete ignorare. Voi questa realtà la dovete, sul piano strettamente soggettivo, cercare di farla adattare alla persona del Pacciani. Io non credo che voi a questo punto lo possiate fare. Io non credo in ogni caso che questa realtà può interessare in qualche modo quest'uomo, simpatico o antipatico che sia."

Trascrizione personale, non disponibile in rete.
Riguardo alle radici citate da Bevacqua, erano dipinte di rosso per evitare che la gente inciampasse.



Per comprendere un po' meglio i termini utilizzati nell'intervento dell'avvocato, qui di seguito alcune spiegazioni tecniche:
"Il tessuto mammario è composto da:
una componente ghiandolare, (15-20 lobi), ognuno dei quali ha uno sbocco verso il capezzolo attraverso un dotto galattoforo;
una componente adiposa, in cui sono inserite ed immerse le strutture ghiandolari;
una componente fibrosa di sostegno, che genera suddivisioni tra le diverse appendici ghiandolari." (wikipedia)

"Il seno è costituito da un insieme di strutture ghiandolari, chiamate lobuli, unite tra loro a formare un lobo e tessuto adiposo. In un seno vi sono da 15 a 20 lobi. Il tumore al seno, dovuto alla moltiplicazione incontrollata di alcune cellule della ghiandola mammaria che si trasformano in cellule maligne, è una malattia potenzialmente grave se non è individuata e curata per tempo. Queste cellule hanno la capacità di staccarsi dal tessuto da cui nascono e invadere i tessuti circostanti e, col tempo, anche gli altri organi del corpo. I tumori più frequenti nascono dalle cellule ghiandolari (dai lobuli) o da quelle che formano la parete dei dotti galattofori, attraverso i quali il latte giunge al capezzolo dai lobuli." (researchitaly)

Research Italy (studio del GIM)