Primo materiale inedito che diffondo su questo spazio virtuale. Si tratta di un reportage molto vecchio della rivista GENTE. Avendo ricevuto solo i ritagli delle pagine in questione, non so esattamente quando è stato pubblicato, ma si tratta del numero di fine Giugno 1982, metto come data fittizia il 28 Giugno 1982 perché è quando sono nato io (...). L'articolo racconta le reazioni delle famiglie Mainardi e Migliorini a distanza di una settimana dal tragico evento ed è impreziosito da immagini inedite. Tra qualche giorno avrete modo di vedere le pagine in questione sull'Emeroteca di Flanz Vinci, sito che merita di raccogliere tutto il materiale storico sul Mostro Di Firenze. Prossimamente pubblicherò altri articoli inediti, conferenze nuove e se interesseranno anche alcune udienze del Processo ai "Compagni di Merende" da me restaurate perché inascoltabili nella versione gentilmente diffusa su Radio Radicale.
NB: ancora non è avvenuto il collegamento con Signa e quindi si pensa che sia il quarto duplice delitto.
In otto anni ha ucciso otto volte
FIRENZE IDENTIKIT DI UN MOSTRO
"Il maniaco che aggredisce le coppie di fidanzati", dice lo psichiatra Giovanni Spadazzi "è un uomo sulla cinquantina che ha avuto in passato un forte "choc", di estrazione sociale elevata, capace di usare il bisturi" - "Nell'ultimo delitto, a Montespertoli, non ha avuto il tempo di portare a termine il suo piano e non ha compiuto la mutilazione su corpo della ragazza" - Parlano i genitori delle vittime
di PIERO POGGIO
Montespertoli (Firenze), giugno
"Quella maledetta sera sono andata a letto verso mezzanotte. Ero preoccupata per il ritardo di Antonella, che era sempre tornata a casa prima di quell'ora. Avevo preso sonno da poco, quando hanno suonato alla porta i parenti di Paolo in preda a grande agitazione per una telefonata ricevuta dai carabinieri. "Bisogna andare subito", hanno detto a me e a mio marito. "I ragazzi hanno avuto un incidente". Ho subito temuto che fosse accaduto qualcosa di grave, ma certo non avrei immaginato di trovare la mia povera creatura morta, uccisa da un pazzo con tre colpi di pistola nella testa. Paolo, il suo ragazzo, era in coma: è morto all'alba. Da quella terribile notte, è trascorsa più di una settimana e non riesco ancora a rendermi conto che Antonella non c'è più: la vedo sempre davanti a me, mi sembra di sentire la sua voce. Vorrei essere lontana da qui, dai ricordi, lontana dalla realtà. Mio marito ed io siamo distrutti, siamo disperati".
Adriana Migliorini parla a bassa voce, misurando le parole, senza più lacrime. E' con lei suo marito Renato, operaio alla Manetti e Roberts di Calenzano. Ci troviamo nella loro casa di Montespertoli, un paese circondato da vigneti e uliveti al culmine di una collina, a 30 chilometri da Firenze. Il fatto è accaduto a poca distanza da qui, nel fondovalle. Paolo Mainardi, meccanico di 22 anni, e Antonella Migliorini, sartina, di 20 anni, sono stati uccisi spietatamente dal maniaco sessuale che da alcuni anni ormai colpisce impunito nella campagna fiorentina, mentre erano a bordo della loro auto in sosta. E' la quarta coppia di fidanzati assassinata dal folle omicida.
POSTI SOLITARI
"Raccomandavo sempre a mia figlia di stare attenta", dice Renato Migliorini. "Quando, nell'ottobre dell'anno scorso, ci fu il delitto di Calenzano, proprio vicino alla fabbrica dove lavoro, ne parlammo in casa e io dissi ad Antonella che doveva essere prudente quando usciva la sera con il fidanzato, che doveva stare attenta a non sostare in posti solitari, che non doveva fermarsi per nessun motivo".
"Antonella", aggiunge la mamma "ci rassicurava". Diceva che a lei certe cose non potevano accadere. Tutti noi, quando succede un fatto grave, una disgrazia, siamo portati a pensare che non saremo mai coinvolti in un episodio analogo. Ma tutto si dimentica. Passata l'impressione per quel delitto, così come era successo per i precedenti, non ci si pensava più. La vita va avanti. Inoltre qui in paese non è mai accaduto niente di grave: siamo tutta gente tranquilla, lavoratori".
La signora Migliorini parla di sua figlia. Dopo l'iniziale riserbo, si sfoga, libera la tensione che ha dentro di sé. "Era una ragazza allegra, serena, una brava figlia. Dopo la scuola dell'obbligo, aveva preferito lasciare gli studi e trovare un lavoro presso una ditt di confezioni. Con Paolo era fidanzata da qualche anno ma si conoscevano da sempre. Stavano facendo progetti di matrimonio e forse si sarebbero già sposati, se Paolo non avesse perduto il padre e, per questo motivo, non avesse dovuto rinviare il matrimonio. La sera, quando usciva, Antonella mi diceva sempre dove andava; se faceva un po' più tardi del solito, se decideva magari di andare al cinema, mi telefonava: "Mamma non preoccuparti".
"Io, invece, mi preoccupavo sempre", interviene il padre "perché so cosa è la vita oggi e vedo tutto il male che ci circonda. Ma adesso è inutile parlare. Ho anche detto al capitano dei carabinieri che fa le indagini di lasciarmi in pace. Non c'è nulla che io possa fare per favorire la scoperta dell'assassino. Tutto è accaduto all'improvviso, senza che potessimo sospettare qualcosa. Non mi interessa ciò che accadrà, resterò indifferente anche se riuscissero a prendere l'assassino...".
"Mio marito è di questa idea", continua Adriana Migliorini. "Ieri mi diceva che, se anche si trovasse di fronte all'assassino, non sarebbe capace di torcergli un capello. Forse perché non c'è una spiegazione a quanto è successo ai nostri figli e agli altri ragazzi massacrati da questo folle. Non c'è spiegazione. Eppure, io vorrei conoscere i motivi che inducono questo maniaco a cercare le sue vittime e a ucciderle. Un pazzo sì, ma un pazzo lucido, intelligente, astuto, e per questo tanto più pericoloso."
La descrizione che la mamma di Antonella fa dell'assassino è perfettamente centrata, collima con l'immagine che di lui si sono fatta gli investigatori che gli stanno dando la caccia da quasi otto anni. Fu infatti il 15 settembre 1974 che si svolse il primo atto di questa allucinante vicenda. Un contadino che si era inoltrato in un campo nei pressi di Borgo San Lorenzo scoprì i cadaveri di due giovani, poi identificati per Pasquale Gentilcore, 19 anni, e Stefania Pettini, 18: i carabinieri, chiamati dal contadino, accertarono che il giovane era stato ucciso a revolverate; il corpo si trovava ancora al posto di guida della "127" a bordo della quale i fidanzati si erano appartati. Il corpo della ragazza era stato invece spostato dal sedile anteriore e completamente denudato dal pazzo omicida, il quale aveva poi eseguito un rito orrendo: per ben 87 volte aveva trafitto la vittima, già uccisa a revolverate, con un'arma da taglio, forse un cacciavite, più verosimilmente un bisturi. L'arma usata per uccidere, come accertarono gli investigatori, era una calibro 22. Appare subito evidente che l'opera devastatrice compiuta dall'assassino sul corpo della ragazza era il frutto di una mente malata. Non si trattava di colpi inferti con violenza, per consumare una vendetta, come avviene nei delitti passionali, ma di ferite provocate da una mano che agiva con calma e quasi con pazienza: 87 volte il folle aveva affondato l'arma nelle carni della sua povera vittima, tracciando strani segni circolari, simili a spirali, attorno ai seni e al pube.
Le indagini condotte su questo primo delitto non approdarono ad alcun risultato. I sospetti, che si erano concentrati su determinate persone, caddero, e la gente, col passare del tempo, dimenticò il tragico fatto di Borgo San Lorenzo. Subito dopo il fatto, però, un criminologo aveva detto: "Il folle omicida tornerà a uccidere fra cinque o sei anni, e se gli andrà bene, lo farà di nuovo in un tempo più breve, e così via, finché non si riuscirà a catturarlo...".
LUCIDA PAZZIA
L'allucinante pazzia del maniaco esplose una seconda volta sette anni dopo, la notte tra il 6 e il 7 giugno 1981. Teatro del nuovo duplice delitto fu un campo nella zona di Scandicci. L'assassino si avvicinò alla "127" a bordo della quale si trovavano Giovanni Foggi, 25 anni, e Carmela Di Nuccio, 20. Sparò alcuni colpi di pistola e uccise i due giovani. Trascurò il cadavere di Giovanni Foggi, che fu trovato al posto di guida (così come era stato trovato sette anni prima Pasquale Gentilcore) e dedicò la sua perversa attenzione al corpo senza vita di Carmela Di Nuccio. Lo trascinò fuori dell'auto, adagiandolo in un vicino fossato. Quindi portò a termine il rituale. In questa occasione, non si accanì sul corpo della vittima come nel primo delitto, ma, con pochi precisi tagli, asportò il pube della giovane donna.
Il delitto di Scandicci venne immediatamente messo in relazione con quello avvenuto sette anni prima a Borgo San Lorenzo. Le analogie erano evidenti, le modalità di esecuzione simili. La polizia scientifica stabilì che i segni sui bossoli trovati accanto all'auto erano incisi dallo stesso percussore che aveva fatto esplodere i proiettili che avevano ucciso, nel 1974, l'altra coppia di fidanzati. Anche il reiterato uso di un'arma da taglio (che sempre più si supponeva potesse essere un bisturi) creava concreti collegamenti tra i due fatti. Il "rituale" compiuto sui cadaveri delle donne confermava inoltre trattarsi dell'opera di un individuo in preda a gravissime tare mentali.
Fu allora che cominciò a prendere consistenza l'ipotesi secondo la quale a compiere gli efferati delitti fosse un individuo in grado di usare l'arma da taglio con estrema perizia: un macellaio, un pellettiere, forse un chirurgo. Si parlò di "implicazioni culturali" nella esecuzione del crimine, poiché alcuni particolari facevano pensare a un autore di perversa raffinatezza.
L'idea del bisturi venne ovviamente collegata all'ambiente medico e furono svolte indagini in questa direzione. La polizia perquisì l'abitazione di un chirurgo sul conto del quale erano nati sospetti, e trovò una pistola calibro 22, un'arma peraltro abbastanza diffusa. Si accertò che non si trattava dell'arma del delitto, e i sospetti sul chirurgo caddero.
Qualche giorno dopo il delitto di Scandicci, la polizia arrestò Enzo Spalletti, un uomo di circa 40 anni, sposato e padre di tre figli. Spalletti vive a Montelupo Fiorentino ed è autista della Misericordia, un ente di estrazione cattolica che risale al '200 e che svolge tra l'altro servizi di pronto soccorso per gli ammalati. Spalletti è appunto conducente di un'autoambulanza. Dopo una serie di interrogatori, Enzo Spalletti fu arrestato sotto l'accusa di duplice omicidio e vilipendio di cadavere.
MACABRO RITUALE
Il terzo delitto, compiuto la sera del 23 ottobre 1981, alla periferia di Prato, scagionò Enzo Spalletti, che fu immediatamente scarcerato, ma ripropose angosciosi interrogativi. La quinta e la sesta vittima del maniaco si chiamavano Stefano Baldi, 26 anni, e Susanna Cambi, 24 anni. L'assassino sparò almeno sette colpi di pistola calibro 22 sulle sue vittime; tanti furono i bossoli rinvenuti sul posto. Il Baldi fu raggiunto da quattro proiettili al cuore e al polmone sinistro. Mentre veniva colpito a morte, tentò forse di opporsi al carnefice, di reagire: il suo corpo fu trovato fuori dall'auto, nell'erba del fossato che costeggiava il viottolo di campagna dove il giovane aveva fermato la "Golf" nera. L'assassino sparò sulla ragazza almeno tre colpi. Poi prese il corpo di Susanna Cambi, lo trascinò fino al fossato, sulla parte opposta della stradina, rispetto al punto dove giaceva il cadavere del Baldi. A questo punto il folle omicida estrasse il coltello e infierì sui due cadaveri: tre coltellate alla schiena del Baldi, due alla schiena della Cambi. Quindi cominciò il solito, macabro "rituale": non più con il coltello (o pugnale che sia), ma con uno strumento molto tagliente e di piccole dimensioni, quasi certamente un bisturi, eseguì una vera e propria "operazione" chirurgica sulla ragazza, asportando il pube.
A distanza di otto mesi da questo terzo delitto, il folle maniaco sessuale è dunque tornato in azione scegliendo come sue nuove vittime Paolo e Antonella. Ma questa volta non è riuscito a portare a compimento il suo macabro disegno di morte. Nella sua mente malata, il folle ha ben chiaro l'epilogo della sua azione: dopo aver ucciso la coppia, si accanisce con il bisturi o con il coltello sul corpo della donna, operando sulla sua intimità. Questa volta non è riuscito a compiere la macabra operazione, a impossessarsi dell'orribile feticcio.
Ecco come gli investigatori hanno ricostruito la scena. Antonella e Paolo hanno cenato a casa del ragazzo e verso le 22,30 si allontanano in macchina. In pochi minuti raggiungono la strada che da Baccaiano porta a Fornacette, a mezzo chilometro dall'incrocio con la Volterrana. Un luogo tranquillo, ma non del tutto isolato, situazione, questa, comune ai precedenti delitti: l'assassino sceglie con cura il teatro delle sue azioni, facendo in modo di avere la possibilità di allontanarsi facilmente.
Eccolo in azione. Si avvicina alla macchina dal lato della guida e spara subito con la sua calibro 22 contro il ragazzo. Quindi punta l'arma contro la ragazza, che è seduta sul sedile posteriore, e la fulmina colpendola alla testa. Ma Paolo è solo ferito e tenta una reazione: accende i fari e innesta la retromarcia. La macchina compie alcuni metri all'indietro, verso la strada principale. Il ragazzo sta per farcela, ma purtroppo l'auto finisce con le ruote posteriori in un fosso. Il folle spara allora in direzione dei fari. Due colpi precisi, e i fari vanno in frantumi. Tornata l'oscurità sul luogo della tragedia, il pazzo si avvicina di nuovo alla macchina, e spara ancora, attraverso il parabrezza, colpendo il ragazzo che si accascia sul volante. Ancora un colpo di grazia, in direzione di Antonella.
FALSI SOSPETTI
A questo punto, qualcosa deve aver disturbato l'azione del mostro. Oramai la macchina si trova nei pressi della strada, possono transitare altre auto. Non c'è tempo per compiere il "rituale" sul corpo della ragazza. Il folle si è reso conto che sta rischiando troppo, e si allontana.
"E' questo un elemento di grande importanza", ci dice il professor Tommaso De Nardo, psichiatra. "Abbiamo infatti a che fare con uno psicopatico che non prova rimorso per i delitti commessi, ma che trae da essi la sua soddisfazione. Agisce al di fuori della realtà, con una logica delirante, e si appaga solo quando compie l'ultimo atto della sua azione delittuosa: il "rituale" sul pube della donna. Questa volta, non è riuscito a portare a termine il disegno, come nelle precedenti occasioni, e si può supporre che sia ora in preda alla disperazione. C'è da averne paura più che mai".
La paura serpeggia a Firenze e in tutta la provincia e produce fenomeni preoccupanti. Dice Piero Magi, direttore de La Nazione: "Riceviamo telefonate da ogni parte. E, come noi, immagino, ne riceveranno la polizia, i carabinieri, la magistratura. Tutti pretendono di aver visto il mostro che uccide e sevizia le giovani coppie; tutti scoprono che il vicino di casa, stamane, è pallido, ha una mano fasciata e l'espressione insolitamente stravolta. Non si ha idea di quante persone, nel racconto che ne fa qualche presunto testimone, si aggirino intorno ai cimiteri nelle ore del crepuscolo, e di quanti irreprensibili professionisti vengano sorpresi all'edicola mentre acquistano pubblicazioni erotiche infilandole frettolosamente nella borsa e trasalendo alla vista di un conoscente.
"Certo il primo dovere di ogni cittadino è quello di difendere, come meglio può, la vita propria e degli altri, e di manifestare i propri sospetti quando questi possano gettare un raggio di luce nel buio di un mistero angoscioso. Ma quanti pericoli questo dovere comporta!
"Ne avemmo la prova, alcuni anni or sono", prosegue Magi "al tempo del delitto Lavorini. Due uomini trovarono la morte (uno si uccise in carcere, l'altro si lasciò morire) per essere stati coinvolti, dalla diceria popolare, nel turpe mondo della pineta e dei ragazzi di vita. Dobbiamo evitare che ciò si ripeta".
Quanto Magi abbia ragione, lo dimostra la vicenda di un noto e stimato chirurgo di Empoli, costretto a presentare querela per diffamazione contro ignoti responsabili dell'inqualificabile linciaggio morale a cui è stato sottoposto in questi giorni.
Un altro personaggio, coinvolto in questa vera e propria caccia alle streghe, ha preferito presentarsi spontaneamente alla polizia.
Alla psicosi, al clima di caccia alle streghe, si sovrappone la domanda che da otto anni non trova risposta: chi è il maniaco assassino? Per ora può dire qualcosa solo lo psichiatra, nella speranza che le indagini in corso approdino a qualche risultato. Ascoltiamo il professor Giovanni Spadazzi: "Ho già espresso il mio pensiero in proposito. Ritengo che si tratti di un individuo in età matura che ha avuto in passato un forte choc emotivo legato al rapporto con una donna. Potrebbe essere un uomo sulla cinquantina, presumibilmente di estrazione sociale elevata, un uomo che possiamo incontrare in strada, in un negozio, in un ufficio, in uno studio medico, senza che desti in noi alcun sospetto.
"Dopo aver scaricatola sua follia, dopo aver eliminato le sue vittime, quest'uomo rientra nella normalità apparente, comportandosi tranquillamente. E' certamente un individuo che conosce l'anatomia umana, e lo si desume dal modo con il quale, nei tre precedenti delitti, ha usato il bisturi o un altro strumento tagliente per operare le mutilazioni. Nell'ultimo delitto, a Montespertoli, non ha avuto il tempo di portare a termine il suo piano e non ha compiuto la mutilazione della donna.
"Per questo, è presumibile che si trovi in uno stato di agitazione e di insoddisfazione che potrebbe portarlo a compiere un altro delitto a breve scadenza. Nella sua mente malata egli è ormai convinto di essere imprendibile. In più, è eccitato da ciò che legge in questi giorni sui giornali ed è quindi pronto a sfidare quanti gli stanno dando la caccia".
Piero Poggio
Montespertoli (Firenze). Antonella Migliorini, 20 anni, e il fidanzato Paolo Mainardi, 22 anni, le ultime vittime del mostro che terrorizza Firenze.
LA MAMMA DI PAOLO Montespertoli (Firenze). La mamma di Paolo Mainardi con alcuni parenti. "Paolo e Antonella avevano deciso di sposarsi", dice la signora Mainardi "e probabilmente l'avrebbero già fatto se qualche mese fa non fosse mancato mio marito". I due ragazzi sono stati uccisi mentre erano appartati in auto alla periferia del paese. Il mostro si è avvicinato all'auto e ha sparato diversi colpi con una pistola calibro 22. Antonella è morta subito. Paolo, rimasto ferito, ha tentato di fuggire con l'auto, ma è finito in un fosso, dove il mostro l'ha colpito a morte.
LA MAMMA DI ANTONELLA Montespertoli (Firenze). Adriana Migliorini, madre di Antonella, la ragazza uccisa dal mostro con il fidanzato. "Mi auguro che si scopra chi è il maniaco e perché ha massacrato i nostri figli e altri poveri ragazzi", dice.
EMEROTECA di Flanz Vinci (articoli scannerizzati da giornali e riviste d'epoca)
Grazie Martin. E' un articolo che contiene informazioni che non conoscevo, come le dichiarazioni del padre di Antonella. In generale mi conferma che nel 1982, prima del collegamento con Signa 68, si seguivano tutt'altre piste: il luglio 82 impresse un'ampia virata alle indagini.
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